«Una marchetta necessaria ad avere i voti per approvare la manovra». Il senatore del Pd Stefano Esposito non usa giri di parole. E così è risolto il giallo dell’emendamento alla legge di bilancio che persino il ministro dello sviluppo Carlo Calenda ignorava: «Mai dato parere positivo. Non ne sapevo nulla finché non segnalato da voi», aveva twittato il ministro il 22 dicembre in risposta a Mario Calderini, professore di Social innovation al Politecnico di milano che chiedeva spiegazioni in rete, dove la polemica ha tenuto banco negli ultimi giorni.

L’emendamento in questione, presentato da un senatore di Ala all’ultimo momento utile e riformulato dai relatori della manovra Magda Zanoni (Pd) e Marcello Gualdani (Alternativa popolare), prevede uno stanziamento di 3 milioni in tre anni per la società privata Isiamed (nata a fine 2016 come Istituto italiano per l’Asia e il Mediterraneo e che si occupa di digitale da luglio, presieduta dall’ex ministro cristiano democratico Gian Guido Folloni) per «promuovere il modello digitale italiano».

Alle richieste di chiarimento via social Calenda aveva appunto risposto di non saperne nulla («non ho la più vaga idea di cosa sia»), nonostante il parere favorevole dato del governo, definendo l’emendamento «una roba stravagante a dir poco». Mentre il deputato Stefano Quintarelli (ex Scelta Civica, ora nel gruppo Misto) aveva chiarito così il mistero: «Regalo di Natale a Verdini».
Poi è appunto arrivato Stefano Esposito: «Quando non hai i numeri subisci il ricatto dei piccoli gruppi. Per questo sono sempre stato un acceso sostenitore del maggioritario. Vedrai con il proporzionale che spettacolo». Conclusione del senatore dem: «Da millenni questa è la politica… Il Senato romano era così. Basta fare gli indignati».