Di questo non si parla. Il presidente della prima commissione della camera dichiara inammissibili gli emendamenti del Pd, di Leu e del radicale di +Europa Magi che volevano per il senato allargare ai diciottenni l’elettorato attivo, abbassare l’elettorato passivo a 25 anni e, nel caso del Pd, modificare le funzioni tra le due camere. Si discute la legge di riforma costituzionale che riduce i parlamentari e la decisione del presidente grillino Brescia non è imprevista; al senato la maggioranza Lega-5 Stelle si era comportata allo stesso modo. Ma scatena lo scontro: Pd e +Europa abbandonano i lavori di commissione, portano il caso in aula, chiedono al presidente Fico di intervenire convocando la giunta per il regolamento. Nel frattempo Brescia non ferma la commissione e fa decadere otto emendamenti tra quelli rimasti in piedi, perché firmati dai deputati assenti. Metà lavoro della sede referente si consuma così in pochi minuti. Restano 26 emendamenti da liquidare con il voto, l’obiettivo immediato della maggioranza è chiudere tra oggi e massimo domani in commissione e portare la legge in aula il 29, dopo la settimana di vacanza. La tappa successiva sarà approvare la riforma e chiudere la prima deliberazione, metà strada per una riforma costituzionale, entro le europee.

Lo scontro tra Pd e 5 Stelle è fatto di toni alti e intenzioni nascoste. Ai democratici non viene facile votare contro una proposta che giudicano popolare: il taglio delle poltrone è stato del resto un argomento largamente usato nella campagna elettorale per il sì al referendum sulla riforma di Renzi. Non hanno infatti presentato emendamenti soppressivi, anzi hanno persino proposto tagli maggiori di quelli ipotizzati da Lega 5 Stelle (che riducono da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori) pur inserendoli in un contesto di funzioni rinnovate e diversificate delle due camere. I 5 Stelle, come allo specchio, non intendono mettere a verbale il loro no al voto per i diciottenni anche per i senatori, una riforma di evidente buonsenso. D’altra parte non possono accettare modifiche al testo approvato al senato, perché annullerebbe l’effetto rincorsa. I grillini rivendicano la scelta di leggi di revisioni omogenee, il che però può spiegare l’inammissibilità della modifica al bicameralismo – e certo dell’introduzione del semi presidenzialismo tentata da Fratelli d’Italia – non il no all’abbassamento di età. Tanto più che il regolamento della camera è più aperto di quello del senato, prevede infatti che solo emendamenti su argomenti «affatto estranei» possano essere dichiarati inammissibili. Il capogruppo di Leu Fornaro chiede la convocazione della giunta per il regolamento: «Quando si fanno interventi puntuali di modifica costituzionale, qual è la possibilità di emendamento dei singoli parlamentari?». Brescia risponderà stasera sui ricorsi, ha evidentemente già sentito il presidente Fico – gli ha scritto anche una lettera formale – e avrà la sua copertura sulla decisione di respingerli. I precedenti, come sempre, non mancano. «Ma non si può», sostiene il deputato Magi, «motivare l’inammissibilità degli emendamenti, come ha fatto il presidente Brescia, con il fatto che non sono state presentate proposte di allargamento del perimetro della discussione con altri disegni di legge da abbinare, perché quella è una scelta politica, l’ammissibilità deve fondarsi su solidi presupposti formali».

«Non si può usare la Costituzione come un decreto legge, è inaccettabile. Noi su questo punto siamo pronti a tutto, anche al ricorso alla Consulta», dichiara il capogruppo del Pd Graziano Delrio, aggiungendo subito che «noi siamo favorevoli al taglio dei parlamentari, però questo comporta la discussione su alcune questioni collegate».

Nel frattempo il ministro 5 Selle Fraccaro, il titolare del dossier riforme, è in viaggio studio in Svizzera dove la camera ha 200 deputati in rappresentanza di 8,4 milioni di abitanti. Ne approfitta per esaltare quel modello di democrazia diretta «strumento principale per garantire la partecipazione attiva». E lodare «la grande cultura del dialogo e del consenso», elvetica.