Mentre a Roma si svolge il Sinodo sull’Amazzonia, in Brasile la Chiesa cattolica è sotto attacco. Gli attacchi provengono da più fronti, ma hanno in comune la volontà di interrompere i «nuovi percorsi per la Chiesa e per una ecologia integrale» che Papa Francesco vuole intraprendere.

UN FRONTE INTERNO, rappresentato dai cattolici integralisti, contesta apertamente la necessità di una conversione missionaria e pastorale. Il documento elaborato dai vescovi nella fase preparatoria del Sinodo viene qualificato come «eretico, un attacco ai fondamenti della fede». La scelta ecologica integrale viene vista come «il tentativo di adottare un modello sociale collettivo in cui l’ecologismo prende il posto del Vangelo». Il clero conservatore esprime il suo rifiuto per quello che viene definito «ambientalismo radicale che va a braccetto con l’indigenismo». Sono posizioni che esprimono il rimpianto per gli “antichi percorsi” dei missionari spagnoli e portoghesi che imponevano agli indios i concetti della civiltà cristiana. I cattolici integralisti brasiliani non mancano di attaccare il Sinodo perché rappresenterebbe «una aggressiva intrusione negli affari dello Stato e della società del Brasile», portata avanti da un «argentino», come viene definito Bergoglio negli ambienti clericali a lui ostili.

UNA TESI IN LINEA con le posizioni espresse da Bolsonaro e dagli ambienti militari. Il governo brasiliano guarda a questo Sinodo con ostilità e preoccupazione. Aveva chiesto, senza ottenerlo, che un suo rappresentante fosse invitato ufficialmente per partecipare ai lavori. Non sappiamo quale importante contributo avrebbe portato, ma sta di fatto che tutte le attività preparatorie svolte dai vescovi brasiliani sono state monitorate dai servizi di sicurezza. Il generale Augusto Heleno, che guida il Gabinetto di sicurezza istituzionale (GSI) e che era stato accusato di infiltrare agenti per controllare le attività religiose, ha dichiarato in una nota che «l’Agenzia brasiliana di intelligence segue tutte le iniziative che possono compromettere la sicurezza della società e dello Stato brasiliano».

LA CHIESA CATTOLICA viene considerata una forza di opposizione a cui si imputa di «volersi insediare nelle periferie delle grandi città e nell’interno del Brasile con un programma di sinistra». E il Sinodo una «iniziativa che si propone di mettere in difficoltà il governo Bolsonaro e un inaccettabile attacco alla sovranità nazionale».

Nella realtà questo incontro era stato convocato nel 2017, un anno prima che l’ex capitano arrivasse alla presidenza. Il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo di San Paolo e relatore generale al Sinodo, nell’aprire i lavori ha ribadito la necessità di affrontare la crisi socio-ambientale che colpisce la regione amazzonica e di procedere alla demarcazione delle terre indigene, come sancito dalla Costituzione, per preservare la foresta e le sue comunità. Da Brasilia sono subito arrivate le risposte sprezzanti del ministro degli Esteri, Ernesto Araujo, e di quello dell’Ambiente Ricardo Salles, che accusano la Chiesa di voler difendere interessi internazionali in Brasile. Numerosi vescovi brasiliani hanno dichiarato di sentirsi «criminalizzati e trattati come nemici della patria».
Un livello di scontro che non ha precedenti nella storia del Brasile. Neanche durante la dittatura militare la Chiesa era stata oggetto di attacchi così feroci, anche perché il golpe del 1964 fu visto con favore dai vertici ecclesiastici e la rottura istituzionale col regime arrivò solamente in una fase successiva. Intorno al tema della sovranità nazionale i militari stanno allargando il loro consenso, proponendosi come paladini degli interessi del Brasile e dichiarando apertamente di voler contrastare tutte le iniziative politiche e sociali che la mettono in discussione. La Chiesa cattolica e i movimenti sociali sono avvisati.

L’ALTRO FRONTE APERTO per la Chiesa di Roma è quello con le comunità evangeliche. Pur rimanendo il Brasile il primo paese al mondo per numero di cattolici, il proselitismo aggressivo degli evangelici ha modificato gli equilibri religiosi nel paese. Se negli anni ’60 i brasiliani che si riconoscevano nella religione cattolica rappresentavano il 90%, al censimento del 2010 erano scesi al 64%. L’Istituto brasiliano di geografia e statistica calcola che attualmente siano il 55% della popolazione, mentre gli evangelici hanno raggiunto il 25%. Ogni anno l’1% dei fedeli cattolici migra verso le confessioni evangeliche. Anche Bolsonaro due anni fa si è convertito sulla via di Brasilia, ottenendo dalle comunità evangeliche l’appoggio decisivo per la sua elezione.

IL VIAGGIO IN BRASILE di Papa Francesco nel luglio del 2013 era servito a risvegliare una comunità che non riesce a fronteggiare l’avanzata evangelica. La Chiesa cattolica rischia di perdere un monopolio religioso durato 500 anni. Il Brasile è stato il paese che più di ogni altro ha sperimentato la “teologia della liberazione”. Aver abbandonato quel percorso ha aperto la strada alla “teologia delle opportunità” portata avanti dalle confessioni evangeliche, lontane dai temi ecologisti e della difesa dei diritti umani.