I gravi problemi legati all’elemento acqua – la sua scarsità e dispersione – e quelli generati dal fuoco – incendi e distruzioni – non sembrano entrare tra le priorità dell’attuale dibattito sulla ricostruzione della sinistra nel nostro Paese.

A parte alcune dichiarazioni generiche, infatti, nessuno dei principali leader delle varie formazioni a sinistra del Pd sembra fare delle cause di queste emergenze la base stessa delle discriminanti su cui confrontarsi. Eppure, nella simbolica tradizionale, i due elementi rappresentano le polarità necessariamente complementari per eccellenza: è la tensione tra questi opposti che genera nulla di meno che la vita, mentre, al tempo stesso, le loro continue mutazioni e ricombinazioni formano il substrato sul quale si gioca l’evoluzione del vivente e la sua permanenza nella realtà del Mondo.

Com’è dunque possibile, addirittura concepibile, a sinistra, derubricare a fatti contingenti i problemi legati alla mercificazione delle risorse idriche o quelli inerenti l’incuria del territorio che genera gli incendi? Perché, evidentemente, il dibattito verte su questioni quantitative più che qualitative, cioè in altri termini politiciste e non politiche. Nel 2011 il dibattito che animava la vittoria del referendum sull’acqua pubblica che era quello stesso che attraversava i grandi movimenti altermondialisti. L’idea centrale, tutta politica, era, ed è, che l’acqua è un Bene Comune. Che significa?

Che la ricostruzione di un orizzonte di sinistra dovrebbe partire dalla critica radicale alla progressiva reificazione dell’esistente, dal fatale superamento dei limiti insiti nell’ordine delle cose, dall’elevazione della plusvalenza a valore costitutivo della relazione tra umanità e Mondo, dall’utilizzo mercantile delle vite (animali e vegetali incluse) – cioè la loro sopravvivenza o la loro eliminazione biopolitica – a seconda del guadagno o meno che se ne può ricavare (vedi gestione dei migranti).

La gravità di tutto questo non risiede tanto nel distacco dalla Natura, per certi versi consustanziale all’intelligenza umana ed alla sua volontà di comprensione, quanto nell’aver cancellato dalla gestione dell’esistenza il cosmo che ci contiene ed esprime, e del quale le leggi sono da rispettare ed assecondare perché immutabili nella loro perfetta interazione. E allora, è molto preoccupante che le cronache dei dibattiti politici interni alle varie ricostruzioni a sinistra non riportino riflessioni su questi temi a nessun livello, ma solo intenzioni di inclusione ed esclusione di «forze» che chiamarle tali, purtroppo, appare immotivato.

Oppure tatticismi su questioni certo importanti, ma decisamente subordinate all’espressione di una visione del Mondo dove l’idea di Bene Comune non può limitarsi al fatto, certo importante ma conseguente, che un Bene vitale per l’esistenza di tutti debba essere sottratto al mercato. Bene Comune, infatti, significa che siamo noi ad avere qualcosa in comune con quel Bene; in altre parole che siamo fatti d’acqua – com’è mai possibile dimenticarlo – e, dunque, il rispetto per questo elemento è lo stesso che dobbiamo avere per gli altri esseri umani come per tutte le altre forme di vita: una forma radicale di alterità. Se questa impostazione di solidarietà biosferica e di specie non sarà alla base del dibattito attuale, non è plausibile che la diatriba sul chi si accompagna a chi attiri i milioni di persone che all’epoca votarono Sì al referendum perché sapevano che, al di la della questione acque pubblica, c’era una visione di speranza, un futuro ancora possibile.