Cinquantamila ettari di terreno devastati, con danni che ancora è difficile quantificare ma che comunque appaiono sin d’ora ingenti. E’ l’effetto dell’invasione di cavallette che dall’inizio della primavera sta desertificando le campagne della Sardegna. Per capire qual è la portata di quanto sta avvenendo, basta pensare che nel 2019, quando il flagello si è ripresentato dopo una pausa durata decenni, erano stati appena duemila gli ettari interessati. Una calamità di proporzioni mai viste. E mentre il governo valuta se dichiarare lo stato d’emergenza e nominare un commissario, nell’isola si moltiplicano le proteste. Indirizzate soprattutto alla regione Sardegna: da quattro anni ormai porzioni enormi di pascolo e colture agricole sono distrutte dalle cavallette senza che la giunta di centrodestra, insediatasi nel 2019 e guidata dal sardo leghista Christian Solinas, riesca a trovare un modo per arginare il disastro.

Le zone più colpite sono la piana di Ottana, il Marghine e la valle del fiume Tirso in provincia di Nuoro, il Goceano e le campagne di Ozieri in provincia di Sassari, il comune di Sedilo in provincia di Oristano. Le cause del flagello sono legate soprattutto al mutamento climatico. La siccità in particolare, effetto del caldo anomalo e di una carenza di precipitazioni che da anni supera di molto le medie stagionali che venivano registrate prima climate-change, crea condizioni favorevoli alla proliferazione delle cavallette.

I danni per le coltivazioni e i pascoli sono enormi e il mondo delle campagne è sul piede di guerra. «Per il quarto anno consecutivo – lamenta la Confederazione italiana agricoltori – ci ritroviamo ad affrontare un problema che sta mettendo in ginocchio un intero territorio». «Serve subito un piano – propone Coldiretti Sardegna – per stroncare e per prevenire il flagello. E non c’è tempo da perdere. Se non s’interviene con rapidità, a cominciare da un’adeguata perimetrazione delle aree colpite, le cavallette potrebbero dilagare su un territorio quasi doppio rispetto a quello in cui già pullulano a milioni». Tra le ipotesi avanzate per contrastare l’avanzata delle locuste c’è anche quella di istituire una «Unità di progetto» come quella che la Regione Sardegna ha creato a suo tempo per l’eradicazione della peste suina africana.

Tra chi punta il dito contro la giunta Solinas c’è Rita Tolu, rappresentante di un comitato sorto spontaneamente nella valle del Tirso e di cui fanno allevatori, agricoltori e amministratori locali. «Il piano adottato lo scorso anno dalla Regione Sardegna per contrastare l’invasione delle cavallette – dice Tolu – è stato un insuccesso palese. Le prime cose da fare sono la bonifica, la pulizia e la lavorazione dei terreni. Una grande parte dei campi incolti attaccati dalle locuste è di proprietà pubblica. La Regione Sardegna deve farsi carico di bonificarli. Ma non lo fa. Su tutte quelle aree che invece non possono essere lavorate, si dovrebbe intervenire con una disinfestazione efficace fin da aprile, ma quest’anno è iniziata molto più tardi. Nel periodo della schiusa delle uova, inoltre, le cavallette si fermano in determinate zone per tutta la giornata ed è facile localizzarle e ucciderle. Ma non lo si fa». «La situazione è diventata insostenibile – racconta sul suo profilo Facebook il sindaco di Silanus, Gian Pietro Arca – Ogni giorno noi sindaci riceviamo giuste lamentele, segnalazioni e allarmi. C’è anche chi ci accusa di non fare nulla. Ma noi possiamo fare davvero poco. E’ la Regione Sardegna che si mostra del tutto incapace di affrontare e risolvere il problema».