Il doppio appuntamento televisivo con Biden e Trump, che su due diversi canali tv hanno affrontato le domande di pubblico e moderatore, è stato finora l’evento più significativo di questa campagna elettorale.

Se doveva esserci una rappresentazione metaforica della divisione che si respira negli Stati uniti, difficilmente se ne sarebbe potuta scegliere una più precisa di questa.

Per chi ha fatto zapping tra i due eventi è stato come ritrovarsi in due Paesi diversi: l’America di Trump e l’America di Biden non hanno nulla in comune. Due pandemie diverse, due economie diverse, due rappresentazioni dell’elettorato diverse e antitetiche.

Trump ha nuovamente minimizzato i rischi del Covid-19, ha sostenuto falsità evidenti (come il fatto che secondo gli esperti l’85% di chi indossa le mascherine contrarrebbe il virus), ha tentennato riguardo la data dell’ultimo test negativo fatto prima di ammalarsi e ancora una volta si è rifiutato di prendere esplicitamente le distanze dai suprematisti bianchi.

Questo rifiuto ha dato vita a uno dei momenti più iconici della serata: Trump ha detto di aver retwittato contenuti postati dal movimento cospirazionista QAnon per dare voce ad altre interpretazioni e la moderatrice Savannah Guthrie, anchorwoman della Nbc, ha risposto «Lei è il presidente, non uno zio pazzo qualunque che può riportare qualsiasi cosa», diventando istantaneamente nuovo eroe nazionale per mezza America e nemico pubblico numero uno per l’altra metà.

Sulla Abc, non dovendo sovrastare le grida del presidente in carica Joe Biden ha dato vita a uno spettacolo di rassicurante normalità parlando alle minoranze, alla comunità transgender, alle donne, facendo funambolismo tra le due ali del partito, quella socialista e quella moderata: ha negato di voler vietare il fracking ma ha sostenuto le energie rinnovabili, ha promesso una riforma del sistema penale ma ha respinto gli appelli a tagliare i fondi alla polizia, ha ripetuto di non appoggiare il Green New Deal ma si è impegnato a sostegno dell’ambiente e di una società più equa.

Alla fine l’evento di un’ora di Trump andato in onda sulla Nbc e su due dei suoi canali via cavo, Msnbc e Cnbc, ha fatto meno ascolti della sessione di 90 minuti di Biden sulla sola Abc. Molto è dovuto alla sovraesposizione di Trump che compare ovunque, in Tv, in radio, sui social.

E quando non è il soggetto parlante allora è quello parlato: non si può non raccontare cosa fa il presidente Usa, e questo è un presidente iperattivo.

Biden è stato finora penalizzato dalle norme di sicurezza per la pandemia che l’hanno portato a fare pochissimi eventi pubblici, ma questa scarsa presenza l’altra sera è diventata aspettativa.

L’esperimento dei due eventi paralleli e in contemporanea può dirsi riuscito non solo per Biden, ma per il pubblico americano che ha potuto vedere per la prima volta, a 20 giorni dalle elezioni, la pasta di cui sono fatti i candidati.

Il quadro restituito al mondo è quello di una superpotenza a un bivio: può scegliere se tornare nella prima metà del ’900 o se intraprendere un percorso verso il secolo in corso; se seppellirsi in un universo di narrazioni complottiste o se affrontare l’opposizione interna da sinistra che arriverà con una presidenza Biden.

Questa bizzarra nottata pre elettorale è stata sintetizzata su Twitter dal giornalista della Cnn Daniel Dale, che da quattro anni ha l’estenuante compito di fare un puntiglioso fact checking a tutte le dichiarazioni di Trump: «Una delle differenze tra Trump e Biden dal punto di vista della verifica dei fatti è che Trump dice o amplifica regolarmente affermazioni che sono completamente deliranti (“bananas”), del tutto distaccate dalla realtà. Biden no».