Il primo atto del «sovranismo vaccinale» invocato dalla destra – ma anche da buona parte della sedicente sinistra di governo – lo compie il governo Draghi. L’Italia ha bloccato la consegna di 250mila dosi di vaccino AstraZeneca infialato alla Catalent di Anagni. La decisione è stata avallata dalla commissione Europea anche perché il blocco è reso possibile proprio dal sistema annunciato da Ursula Von der Leyen a fine gennaio (Regolamento di esecuzione Ue 2021/111 della Commissione, approvato il 30 gennaio) dopo lo scontro con Astrazeneca sulla carenza di forniture rispetto al Regno Unito: se il vaccino è prodotto in un paese dell’Ue, il governo nazionale deve dare l’autorizzazione all’esportazione.

IL GOVERNO DRAGHI È STATO il primo dei 27 a farlo: venerdì scorso ha proposto la non autorizzazione all’esportazione dei vaccini in Austrialia alla Commissione europea che ha l’ultima parola, come previsto dal regolamento. Anche di questo hanno parlato mercoledì sera Draghi – che ieri ha parlato di vaccini anche con Boris Johnson, sebbene ufficialmente la telefonata vertesse su G7 e G20 – e Von der Leyen che ha appoggiato la decisione italiana.

Nessun commento da parte di AstraZeneca – sebbene qualcuno consideri una reazione la cancellazione di una consegna di vaccini alla Polonia.

Si stima che da gennaio circa un terzo della produzione di vaccini uscita da fabbriche in paesi Ue sia stata esportata fuori dall’Unione e che le autorizzazioni siano state circa un centinaio.

La notizia è stata anticipata dal Financial Times e dunque è uscita da AstraZeneca o da Bruxelles. Non certo da Roma. Solo in serata le motivazioni della decisione sono state rese pubbliche: Roma, si fa sapere dalla commissione Ue, ha proposto il suo diniego all’export delle dosi di AstraZeneca dopo aver considerato il permanere della penuria di vaccini nella Ue e in Italia, dei ritardi nelle forniture dei vaccini anti-Covid da parte di AstraZeneca, oltre all’elevato numero di dosi oggetto della richiesta di autorizzazione all’esportazione (oltre 250mila) rispetto alla quantità di dosi fornite finora all’Italia, e più in generale, ai Paesi dell’Ue. Unito al fatto che il Paese destinatario della fornitura – l’Australia – non è un paese vulnerabile.

Se è vero che in Australia la vita va avanti quasi normalmente con pochissimi casi di Covid 19, d’altro canto la vaccinazione va a rilento molto più che da noi: solo lo 0,2% dei 25 milioni di abitanti ha avuto una dose.

PROPRIO IERI ERA IL GIORNO della visita del commissario Ue a capo della task force vaccini Thierry Breton. L’ex gollista nominato da Macron è stato accolto con tutti gli onori da Giancarlo Giorgetti al Mise. E da qui è arrivata un altro annuncio che va completamente contro a chi pensa che i vaccini siano un bene comune e che vada rafforzata la ricerca europea. «Sia con il decreto sostegno che in un altro decreto del ministero dello Sviluppo economico – ha annunciato Giorgetti – saranno allocate risorse per 400-500 milioni per accompagnare la strategia industriale Ue di produzione di vaccini», ha detto il ministro confermando la volontà espressa il giorno precedente con Farmindustria di far «nascere un polo pubblico-privato per produrre vaccini».
In pratica il governo Draghi finanzia le imprese farmaceutiche in «subappalto», visto che serviranno almeno 8 mesi per riconvertire le fabbriche italiane – ancora segrete – che possono produrre i vaccini e non solo infialarli.

Da parte sua Breton si è sperticato in lodi per il governo Draghi lasciandosi andare ad una previsione finto troppo ottimistica: «Sono fiducioso sulla capacità dell’Europa di consegnare i vaccini sempre più rapidamente e confidiamo di poter vaccinare da qui all’estate tutti i cittadini europei».

Infine ieri in serata si è tenuta la prima riunione operativa tra il Commissario per l’Emergenza, Francesco Figliuolo, il ministro della Salute Roberto Speranza, il nuvo capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e i rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità, Aifa e Agenas. Due le indicazioni principali. La prima è di non tenere scorte di vaccini AstraZeneca da parte, ma di procedere con le somministrazioni, anche alla luce della circolare diramata mercoledì dal ministero della Salute che prevede una dose unica per i soggetti guariti – quasi 2,5 milioni – dal virus. Questo permetterà una maggiore disponibilità di dosi – si sistma 1,2 milioni – nell’immediato, a fronte dell’accelerazione nell’arrivo dei nuovi carichi di vaccino.

NON SI ESCLUDE POI di utilizzare la stessa strada scelta da Francia – martedì – e Germania – ieri – sull’uso di AstraZeneca anche nella popolazione sopra i 65 anni – soglia attuale di utilizzo. Il ministro Speranza ha fatto formale richiesta e l’Alfa potrebbe pronunciarsi presto utilizzando i nuovi studi recentemente pubblicati sull’efficacia del vaccino anche sugli anziani.
La seconda novità riguarda la gestione dell’emergenza: il generale Figliuolo ha deciso che sarà sul modello della Protezione civile: «territoriale e tempestiva».