Da otto anni e due mesi L’Aquila non è più la stessa, ma ora è giunto il tempo di chiudere un ciclo, sperando di ripartire davvero. Il volto e l’anima del capoluogo abruzzese sono cambiati per sempre da quel 6 aprile 2009, non solo perché le cicatrici del terremoto sono ancora visibili, malgrado l’allestimento del più grande cantiere d’Europa, nel centro storico e nei borghi del cratere. Ma soprattutto perché la società odierna aquilana si è aggrappata alla memoria per rinsaldare le radici che affondano in quella terra ballerina ai piedi del Gran Sasso.

E tra pochi giorni, con le prossime elezioni amministrative, si chiude anche la decennale era di Massimo Cialente, il sindaco democratico che ha avuto, come egli stesso scrive sul suo profilo Facebook, «l’onore, credo il massimo che la vita mi potesse assegnare, di guidare la mia città in una drammatica fase delle nostre vite, della nostra storia». Al medico chirurgo che dal Pci al renzismo ha vissute tutte le fasi del centrosinistra, soprattutto l’onere terribile di presenziare al funerale di 309 sui concittadini, e di trattare con l’allora premier Silvio Berlusconi – che non era ancora l’alleato possibile del suo partito -, per strappare qualche briciola in più per la ricostruzione, o evitare (ma senza riuscirci) che sulla pelle degli aquilani si consumasse la più spudorata delle campagne elettorali.

ALLE URNE SARANNO IN SETTE a sfidarsi per prendere il suo posto, in un frangente in cui la città ha sì assistito all’apertura di centinaia di cantieri (tutti o quasi nel privato) ma è precipitata in una grandissima crisi economica e sociale. Tra loro, una donna – Carla Cimoroni – di cui vale la pena parlare, anche perché è riuscita a coalizzare attorno a sé il meglio della sinistra cittadina.

Ma prima gli altri candidati. A cominciare dal vincitore delle primarie di centrosinistra (5198 voti) Amerigo di Benedetto, 49 anni, che è stato sindaco di un paesino limitrofo da quattrocento anime, Acciano, e da 11 anni è presidente ancora in carica della Gran Sasso Acqua Spa, l’azienda multiservizi aquilana. Oltre all’appoggio del Pd e di Mdp il suo «Cambiamo marcia» può contare su altre sette liste, con un programma che, in linea con l’amministrazione Cialente e le «battaglie del passato», promette di «dare concretezza ulteriore al processo di ricostruzione».

Si è sottratto invece alle primarie, Nicola Trifuoggi, 75 anni, ex vice sindaco di Cialente e già procuratore distrettuale antimafia de L’Aquila e di Pescara, la cui coalizione, che ha incassato il sostegno di Possibile e Alternativa libera, punta sulla legalità di un territorio sul quale hanno messo gli occhi (e le mani) molti clan mafiosi.

Sulla stessa linea Fabrizio Righetti, 48 anni, che con la benedizione di Grillo corre per il M5S proponendo «un’alternativa ai soliti gruppi di potere che per decenni hanno tenuto in pugno la città fingendo di competere tra loro».

C’è poi Pierluigi Biondi, 43enne sindaco di un altro paesino della provincia, Villa Sant’Angelo, che ha riunito attorno al suo programma di «ricostruzione, identità e inclusione» tutte le sette liste di destra, da Forza Italia a Noi per Salvini, tenendo fuori solo Casa Pound che al grido di «precedenza agli italiani» candida la 37enne Claudia Pagliariccio.

E infine il centrista Giancarlo Silveri, 73 anni e molti passati a capo dell’Asl provinciale, che “vende” la sua «esperienza» per una «cultura del fare» che poi vuol dire costruire (per esempio, il «raccordo anulare» di cui nessuno sente la necessità a L’Aquila).

POI C’È LEI: LA FISICA CARLA Cimoroni, 43 anni e da dieci nell’Agenzia regionale per l’ambiente, supportata da dalla «Coalizione sociale» dentro la quale, a differenza di cinque anni fa, convergono tutti i movimenti nati all’indomani del terremoto, le due liste civiche che allora corsero divise (totalizzando l’11%), e il Prc che a L’Aquila non ha concorrenti a sinistra. A darle man forte, il 29 maggio scorso, è arrivato anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

«Cialente lascia una non città, un territorio non vivibile, una società devastata e dispersa», è il bilancio stilato da Cimoroni. «Si è puntato tutto sulla ricostruzione senza fare tesoro dell’esperienza passata né cogliere le opportunità, senza un governo di transizione né una visione del futuro. E così – spiega la candidata al manifesto – ci ritroviamo con una ricostruzione pubblica colpevolmente ferma al palo e con quella dei centri storici delle frazioni che non è mai partita, malgrado la promessa che tutto si sarebbe concluso entro il 2018. In ogni caso, queste centinaia di cantieri non producono reale occupazione: il lavoro finirà quando tutto sarà ricostruito. Nel frattempo quel 4% dei fondi destinati all’occupazione non hanno prodotto un solo posto di lavoro in più, perché l’unica azienda che è arrivata in città per rilanciare il polo elettronico depresso da tempo è già quasi chiusa, al momento sotto sequestro giudiziario».

MA BASTEREBBE GUARDARSI attorno, nel capoluogo abruzzese, per capire cosa si dovrebbe e potrebbe capitalizzare. Invece, come spiega il consigliere Prc Enrico Perilli, che corre con Cimoroni, «il più grande lavoro pubblico post-sisma è il tunnel dei sottoservizi che si sta realizzando nel sottosuolo della città, di cui la Gran Sasso Acqua è la stazione appaltante. Costerà 80 milioni di euro e l’appalto è stato vinto da un’Ati presieduta dall’ex presidente Ance, Gianni Frattale. In spregio ad ogni decenza istituzionale, Frattale sta conducendo una pubblica campagna elettorale a favore del presidente dell’ente appaltante, il candidato Pd Di Benedetto».

«L’ambiente è la nostra grande risorsa», dice Carla Cimoroni. «La Coalizione Sociale – puntualizza Perilli – proponendo politiche di gestione pubblica dei servizi essenziali, di sostenibilità ambientale, di riqualificazione urbana è l’unica forza in campo in grado di impedire il sacco della città». Che è anche il sacco di un magnifico territorio montano, dove i Parchi sono la ricchezza, non un limite.