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Dopo il terremoto spagnolo Renzi benedice l’Italicum

Dopo il terremoto spagnolo Renzi benedice l’ItalicumPedro Sanchez ospite della Festa dell'Unità 2014 con gli altri leader del Pse – Lapresse

Palazzo Chigi Il risultato delle urne usato per esaltare la nuova legge elettorale. E il premier coglie l’occasione anche per un nuovo attacco contro l’austerity: «La ricetta economica pensata dall’Europa non aiuta i cittadini e punisce chi la esegue»

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 22 dicembre 2015

Manna dal cielo. Se avesse potuto determinare i risultati delle elezioni spagnole per adattarli alle sue necessità, Matteo Renzi non sarebbe andato lontano dal risultato che gli elettori hanno effettivamente sancito. Come se non bastasse, nel pomeriggio gli arriva pure il sostegno di Sergio Mattarella. Dimesso, non strillato come quelli del suo regale predecessore, forse in alcuni punti nemmeno troppo convinto, ma indiscutibile. E indiscutibilmente utile.

Chi può accusare Renzi di non saper afferrare le occasioni di propaganda? Capisce subito l’opportunità che il caotico e difficilmente governabile quadro uscito dal voto iberico gli offre e la coglie al volo. Mentre siti e agenzie di stampa registrano la débacle spagnola in borsa, lui ringrazia il cielo, e soprattutto se stesso, per l’Italicum: «E’ la Spagna di oggi ma sembra l’Italia di ieri. Sia benedetto l’Italicum: ci sarà un vincitore chiaro. E una maggioranza in grado di governare». Bella la democrazia. Però la governabilità viene prima. Dal suo punto di vista, in effetti, non c’è nulla di discutibile nel fatto che un partito con il 28,72% del 73,2% dell’elettorato prenda tutto, e occupi le istituzioni. Anche se votato da meno di un quarto degli elettori.

La sparata era nell’ordine delle cose e non c’è da scandalizzarsene. La politica è anche propaganda. Però nelle parole del premier italiano c’è qualcosa in più del semplice tirare acqua al proprio mulino. In parlamento tutti si aspettano una modifica della nuova legge elettorale con il potenziamento delle coalizioni rispetto alla lista unica, probabilmente con l’introduzione di un apparentamento al secondo turno. In realtà proprio questa aspettativa è uno dei punti forti che mette in campo Denis Verdini nel suo tentativo di dare il colpo di grazia a quel che resta di Fi, in nome di un futuro cartello centrista che però avrebbe spazio solo con un Italicum modificato. Renzi non ha chiuso tutte le porte. Probabilmente davvero non ha ancora deciso, aspetterà la prova delle comunali. Ma in cuor suo la legge elettorale gli piace così com’è: chi vince prende tutto. Il risultato iberico lo convince ancora di più a mantenere intatto il premio alla lista. O la va o la spacca, è il suo vero motto da sempre.

Ma le urne di Spagna consegnano a Renzi un’arma ulteriore, anche più preziosa e non solo sul piano della propaganda. Non c’è dubbio che questo voto sia anche e soprattutto frutto della crescente esasperazione dei popoli europei nei confronti delle politiche del rigore imposte dalla Ue e dalla Germania. Renzi si è deciso a fronteggiare l’amica e alta protettrice Angela Merkel in buona parte per fermare l’emorragia di popolarità targata Banca Etruria. Non signfica però che le cose che ha detto al consiglio europeo non le pensi e non miri a ottenerle davvero. Dunque batte il ferro a caldo: «La ricetta economica che è stata pensata in questi anni dall’Europa non aiuta i cittadini e punisce chi la esegue. Sarà interessante capire se l’Europa si renderà conto che una miope politica di rigore e austerità non ci porta da nessuna parte». Il ragazzo di palazzo Chigi sa perfettamente che, con le elezioni in Francia già imminenti e il Front National primo partito, neppure la Germania potrà permettersi di ignorare il segnale spagnolo, e per lui l’occasione è d’oro.

A migliorare l’umore già galvanizzato arriva poi Mattarella, nel suo messaggio d’auguri alle alte cariche istituzionali. Con l’appoggio che il governo cercava: «Non posso che augurarmi che le riforme giungano a compimento perché il senso di incompiutezza rischierebbe di produrre ulteriori incertezze e conflitti, oltre ad alimentare sfiducia». Non si può dire che trabocchi entusiasmo, ma tant’è. Renzi si accontenta e plaude.
In realtà anche sulle banche il presidente spalleggia il governo. Bisogna accertare le responsabilità in modo «rigoroso» e il risparmio va «tutelato e valorizzato». Ma la formula adottata dal governo, «interventi di possibile sostegno valutando caso per caso», va benone e quanto a educare in direzione di «trasparenza, correttezza ed etica degli intermediari» come si fa a non applaudire Bankitalia che sta «utilmente operando»? Come il caso della severa vigilanza su Banca Etruria dimostra.

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