Era molto lontana dall’immagine stereotipata di sexy girl immortalata sulle cover dei suoi primi iconici album: Love to love you baby, A love trilogy, Four Seasons of Love, dove citava perfino una conturbante Marylin Monroe… Donna Summer sostanzialmente era una persona timida, impressione confermata in un’intervista rilasciata a Penthouse nel 1979, l’anno in cui conquistò Grammy, dischi di platino stazionando praticamente nelle classifiche di tutto il globo: «So che sembra strano – rispondeva a una domanda su Love to love you baby – ma durante la registrazione del disco pensai a cose molto più romantiche di quelle che quella lunga suite porta a credere…».

NEL 1983, otto anni dopo quell’incredibile smash hit planetario, la diva di Boston aveva praticamente conquistato tutti i mercati del mondo ed era riuscita a uscire indenne – o quasi – dalla rovinosa caduta in disgrazia della disco music. Con The Wanderer nel 1980 si era avvicinata al pop electro e due anni dopo – si infilò nell’opera più ambiziosa della sua carriera: un disco che portava semplicemente il suo nome prodotto da Quincy Jones che quest’ultimo progettò come una sorta di laboratorio di Thriller, l’album di Michael Jackson su cui stava contemporaneamente lavorando.

OPERAZIONE bella – ma faticosa – con qualche attrito di troppo tra Donna e Mister Q. Atmosfera decisamente più distesa quella che la vide protagonista assoluta – sia nella scrittura dei pezzi che nelle atmosfere deldisco – in She works hard for the money, misurarsi con il team del produttore degli Steely Dan, Michael Omartian. Disco rock, ballate e pop elettronico per uno dei suoi dischi americani più amati, canzoni portate in uno dei tour più ambiziosi della sua carriera, come testimoniano le registrazioni di un video dal vivo pubblicato proprio quell’anno.
Ora A Hot summer night ritorna in una versione restaurata che accanto al dvd vede anche per la prima volta la riproduzione del live in formato cd. L’ultima iniziativa della Crimson/Driven by the music (la si trova sugli store digitali americani e inglesi, in Italia arriverà ad agosto), l’etichetta di proprietà degli eredi della cantante morta nel 2012 che arriva a pochi mesi dalla pubblicazione di Encore, monumentale box di 33 cd con tutti gli album della sua carriera e tante collaborazioni e duetti sparsi nel tempo. Il concerto – registrato nell’agosto del 1983 al Pacific Amphitheatre di Los Angeles, contiene molti successi di un’artista in forma vocale e fisica smagliante e sempre più consapevole del suo carisma sul palcoscenico.

IN SCALETTA ovviamente molti successi della prima fase – il set apre sulle note di Mac Arthur Park con Donna a intonare il pezzo sdraiata su un divano nascosta da un telo nero, per poi uscire sul palco in una mise attillatissima – ma anche tre brani da She works hard for the money, una bellissima versione di Don’t Cry for me Argentina di Andrew Lloyd Webber, Romeo dalla colonna sonora di Flashdance, un medley da Bad Girls, l’allora inedita ballad Forgive me (uscirà un anno dopo inserita in Cats without claws) e una maestosa versione di State of Independence, il calypso di Vangelis che reinterpretò nel disco con Quincy Jones insieme a un coro di superstar e sul cui ondeggiante ritmo Michael Jackson si ispirò non poco per Billie Jean