I leghisti l’avevano promesso: «Faremo l’inverosimile pur di impedire l’approvazione del decreto Immigrazione». E così è stato. L’aula del Senato ieri si è trasformata per ore in una specie di Far west con tanto di assalto alla diligenza, dove la diligenza sono i stati i banchi del governo invasi e occupati dai senatori del Carroccio, tutti ammassati e non tutti con la mascherina.

A farne le spese sono stati il ministro dei rapporti con il parlamento Federico D’Incà, in aula per annunciare l’intenzione del governo di porre la questine di fiducia sul provvedimento che archivia i decreti sicurezza di Matteo Salvini e che si è visto strappare il microfono di mano, e la senatrice di LeU Loredana De Petris, finita schiacciata contro una balaustra nel parapiglia generale. Il tutto sotto gli occhi del presidente di turno Ignazio La Russa, accusato dal Pd di non essere intervenuto per riportare la calma. «Un vero atto di squadrismo parlamentare – ha commentato il presidente della commissione Affari costituzionali, il dem Dario Parrini – tollerato (chissà perché trattandosi di squadrismo, ma a ben pensarci si può anche immaginare il perché) dal presidente di turno Ignazio La Russa, Sdegno generale. Una cosa gravissima».

Ci sono volute tre riunioni dei capigruppo prima di riuscire finalmente a sboccare la situazione e riprendere i lavori dell’aula con la discussione sulla fiducia. Salvo sorprese il voto finale è previsto per le 14 di oggi.

L’iter del decreto al Senato era cominciato fin da subito in salita, con la decisione della presidente Casellati di assegnare in contemporanea il testo alle commissione Affari costituzionali e Giustizia. Un iter rallentato anche dall’ostruzionismo del centrodestra ma che sembrava essersi sbloccato ieri pomeriggio quando, in una riunione congiunta delle sue commissioni, la Lega propone di ritirare i quasi 13 mila emendamenti presentati in cambio della possibilità per l’opposizione di nominare due relatori di minoranza.

Proposta accettata e si va in aula, ma quando i tre relatori (uno di maggioranza e i due di minoranza) finiscono di parlare, scatta la protesta leghista motivata dal fatto che il governo avrebbe impedito la discussione in aula prima di porre la fiducia. Accusa accompagnata da grida di «Buffone, pagliaccio» rivolte dai leghisti a D’Incà. «Credo che abbiamo posto la fiducia in maniera corretta», replica il ministro. «Tra l’altro anche seguendo un esempio che già era successo nello scorso governo Conte nel quale sulla “spazzacorrotti” sempre qui al Senato avvenne un procedimento simile».

Il pomeriggio se ne va con una serie di stop and go, con l’aula che viene sgomberata per essere sanificata e subito dopo occupata nuovamente dai leghisti. Servono tre conferenze dei capigruppo alla presidente Casellati per riuscire a trovare un accordo sul calendario. Ma gli scontri lasciano il segno. «Hanno provocato il caos perché vogliamo finalmente superare i vergognosi decreti Salvini sulla sicurezza. Questo è il clima che la Lega vuole imporre nelle aule», attacca il dem Andrea Marcucci.

Oggi si chiude, con una coda di suspense finale legata al nervosismo di alcuni parlamentari grillini per la proroga del superbonus. Un nervosismo che però difficilmente potrebbe ricadere sulle sorti del decreto.