La guerra allo sciopero proclamato lo scorso 2 maggio dalla WGA – Writers Guild of America – contro l’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP)che rappresenta gli studios e gli streamer, è dichiarata. L’associazione degli sceneggiatori di Hollywood rivendica migliori condizioni di lavoro e salariali, ma subito diversi studios hanno iniziato a esercitare pressioni pesanti sui loro dipendenti per costringerli a violare lo sciopero. Disney ha inviato una comunicazione agli showrunner avvertendoli che i loro impegni con lo studio continuano – «nonostante lo sciopero» – perché essendo dei produttori i loro compiti non sono legati alla scrittura. Secondo diversi giornali americani sembra che «missive» dello stesso tono siano state inviate anche da Hbo/Hbo Max. In realtà le regole dello sciopero della WGA vietano a tutti i membri del sindacato di svolgere queste attività nello sciopero.

LA STESSA opacità riguardo le regole è stata sollevata dagli sceneggiatori britannici che lavorano per Netflix o Disney ma con sede in Gran Bretagna, e che non sono «coperti» dalla WGA. «Non siamo stati autorizzati a scioperare perché il nostro sindacato non ha votato per lo sciopero» ha dichiarato uno sceneggiatore britannico a «Variety» preferendo mantenere l’anonimato. «Se abbiamo un contratto con una delle società contestate con sede però nel Regno Unito, sto violando il mio contratto se agisco in modo solidale? Ci hanno fatto sentire dei crumiri».
Da parte sua l’AMPTP ha contestato molte delle richieste della WGA affermando che il sindacato ha «travisato» le sue offerte per il salario minimo e l’assistenza sanitaria. I dirigenti degli studios hanno anche minimizzato le preoccupazioni sulle possibili ricadute dello sciopero in termini di produzione; il Ceo di Paramount Bob Bakish, ha affermato che «i consumatori non si accorgeranno di nulla per un po».