Il gioco ad incastri del Movimento 5 Stelle prevede che il giorno dopo che Giuseppe Conte sia andato da Mario Draghi, violando simbolicamente la giurisdizione di Di Maio sulle faccende di governo, quest’ultimo torni a occuparsi pubblicamente della gestione interna. Il ministro degli esteri ha capito, fin da quando fece un passo indietro da capo politico, che una dimissione può pesare più di una promozione. Così, annuncia di voler lasciare il Comitato di garanzia del M5S, del quale fa parte insieme a Roberto Fico e Virginia Raggi.

DI MAIO DICE chiaramente che si dimette dall’organismo interno per partecipare con maggiore libertà alle scelte di indirizzo politico dei 5 Stelle. «Io sarò tra le voci che sono pronte a sostenere il nuovo corso, mantenendo la libertà di alzare la mano e dire cosa non va bene e cosa andrebbe migliorato – si legge nella lettera con cui annuncia le sue dimissioni – Mi rendo conto che per esprimere queste idee, seppur in maniera propositiva e costruttiva, non posso ricoprire ruoli di garanzia nel M5S». «Tutti avranno notato che in questi giorni il dibattito interno è degenerato, si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne. Si è provato a colpire e screditare la persona», prosegue rivendicando la democrazia interna. Quella che, con mossa retorica, lui stesso ammette di non aver coltivato quando era capo politico del M5S: Tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee – scrive – E lo dico perché anche io in passato ho commesso degli errori su questo aspetto, errori che devono farci crescere e maturare». D’altro canto, Di Maio prova ad allargare il varco che si è aperto tra i parlamentari che, pur non schierandosi apertamente con lui, chiedono a Conte di trovare una formula di coesistenza con il suo predecessore alla guida dei 5 Stelle: «Ho apprezzato molto il tentativo di chi in questi giorni, a partire dai capigruppo e da Beppe Grillo, ha provato a favorire un dialogo sereno e super partes, tra diverse linee di pensiero».

SECONDO LA VERSIONE che trapela dallo staff del leader, tuttavia, Di Maio ha scelto di dimettersi per anticipare le mosse di Conte. L’ex presidente del consiglio, considerata la disciplina delle espulsioni dell’attuale statuto e preso atto della richiesta di Grillo di evitare epurazioni in questa fase, aveva deciso di convocare un’assemblea all’interno della quale avrebbe dovuto fare la sua requisitoria con tutte le sue accuse a Di Maio, sul modello di quella che fece contro Salvini alla fine del governo gialloverde, per poi mettere ai voti l’uscita del ministro dal Comitato di garanzia in quanto persona non più al di sopra delle parti. Di Maio aveva inviato la sua lettera al capo politico e al fondatore ieri mattina. Dal M5S rispondono dicendo che «il giusto e dovuto passo indietro costituisce un elemento di chiarimento necessario rispetto alle gravi difficoltà a cui ha esposto la nostra comunità, che merita un momento di spiegazione in totale trasparenza». La nota parla di «tattiche di logoramento che minano l’unità e la forza politica del M5S», in relazione all’attività di relazioni e diplomazie parallele messo in campo da Di Maio in questi mesi, anche nei giorni caldi del voto per il Quirinale.

GRILLO, INVECE, reagisce pubblicando sul suo blog un testo nel quale ridefinisce il senso delle 5 Stelle alla luce del fatto che «rivoluzione democratica» di cui essi sono portatori «è chiamata a passare dai suoi ardori giovanili alla sua maturità, senza rinnegare le sue radici ma individuando percorsi più strutturati per realizzarne il disegno». E dunque Grillo propone la «leggerezza» dell’economia circolare, la «rapidità» di «un sistema di attuazione delle regole decentrato» (che tradotto significa incentivi a class action e sussidiarietà), l’«esattezza» di un sistema di regole certe e prevedibili, la «visibilità» che assicuri «trasparenza dei (e accesso ai) dati personali», la «molteplicità» per «estendere la partecipazione dei cittadini» (tra le misure si annovera anche il «coinvolgimento dei percettori di ammortizzatori sociali in attività di utilità sociale», come chiedono molti detrattori del reddito di cittadinanza).

A QUEST’ULTIMA voce, Grillo ribadisce e specifica il principio della «rotazione o limiti alla durata delle cariche, anche per favorire una visione della politica come vocazione e non come professione», mettendo i piedi nel piatto su una delle questioni che sta sullo sfondo dello scontro interno ai 5 Stello. Come si capisce dalle parole di Grillo, Conte sarà legittimato a concedere solo qualche deroga speciale (verosimilmente per i suoi fedelissimi e pochi altri) allo sforamento del tetto dei due mandati. Per di più, rinunciando alla presidenza del Comitato dei garanti Di Maio abbandona una postazione chiave dalla quale dovranno passare le liste elettorali. La fine della legislatura comincia ad avvicinarsi e si affilano i coltelli per le ricandidature.

Errata Corrige

Di Maio anticipa Conte, che meditava di chiederne la rimozione, e lascia il Comitato dei garanti del M5S: «Sostengo il nuovo corso, ma voglio essere libero di criticare». I vertici: «Atto dovuto». E Grillo: «Basta ardori giovanili, serve maturità»