Il decollo di Ita sta già provocando una scia di disastri occupazionali e salariali senza precedenti, specie per una società totalmente pubblica che appare giorno dopo giorno aver sempre più preso la rotta del modello Fca di Marchionne.
Il bando per il «servizio assistenza ai clienti» call center rischia di concludersi non solo con il licenziamento dei 621 lavoratori di Palermo e Rende che da quasi vent’anni operavano per Alitalia ma con la delocalizzazione del servizio in Romania.

Alla mancanza della clausola sociale, da ieri si aggiunge un’altra denuncia dei sindacati: Covisian, l’azienda che ha vinto il bando frettolosamente emesso da Ita, «pubblica in queste ore annunci di reclutamento per la propria sede in Romania per un servizio per cui “le risorse selezionate forniranno assistenza telefonica, gestendo le esigenze dei clienti di una prestigiosa compagnia aerea” – denunciano Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom – . Ora appare tutto più chiaro un appalto evidentemente al massimo ribasso e senza riferimenti alla clausola sociale (prevista invece dal contratto nazionale che garantirebbe ai lavoratori Almaviva di Palermo e Rende di subentrare nell’appalto, ndr) sta producendo i frutti che abbiamo denunciato dal primo momento», concludono i sindacati sostenendo come «tutto questo sia semplicemente vergognoso».

In una nota Covisian – azienda italiana di call center – risponde ai sindacati «smentendo categoricamente di aver avviato alcuna ricerca di personale finalizzata ai servizi di supporto per Ita al di fuori del territorio italiano», facendo trapelare che la compagnia aerea per cui ricerca personale in Romania sia RyanAir.
I dubbi però restano: durante la tormentata gestione del bando – a cui hanno partecipato tre società fra cui Almaviva – Ita avrebbe rilanciato proponendo uno sconto del 10% l’anno sull’offerta iniziale di Covisian in cambio dell’aumento dei volumi: una richiesta accettabile solamente partendo con un costo del lavoro molto più basso dei concorrenti, dunque con la delocalizzazione.

«LA NOSTRA PRIORITÀ – spiega a fine giornata Riccardo Saccone della Slc Cgil – è il futuro dei 621 lavoratori di Palermo e Rende. E su questo non abbiamo un tavolo di confronto nonostante le tante richieste nostre e del sindaco di Palermo Leoluca Orlando al governo».
Intanto i lavoratori Almaviva – che dovrebbero proseguire nel loro servizio per Alitalia fino al 15 ottobre, giorno dello scambio di compagnie – hanno proclamato sciopero per il 9 settembre.

Nel frattempo la ricerca di personale da parte di Ita sta avvenendo in modo assai discutibile. La nuova compagnia annuncia gioiosa di avere già 12mila curricula per i soli 2.800 posti con cui decollerà. L’azienda ha comunicato che «meno del 20% delle domande arriva da personale Alitalia». Ma la cifra è dovuta al fatto che i lavoratori Alitalia sono in gran parte in cassa integrazione e facendo domanda rischiano di perderla senza avere certezze sulle condizioni di lavoro in Ita, attendendo dai sindacati indicazioni precise. Per questo gli stessi sindacati contestano la decisione di Ita di interrompere la possibilità di inviare domande già il 6 settembre.

VA POI REGISTRATA una modifica nella proposta di contratto fatta dal presidente di Ita – ex dirigente Fca – Alfredo Altavilla. La parziale marcia indietro sull’uscita dal contratto nazionale – e dall’iscrizione a Assaereo – è in realtà una mossa tattica: Altavilla chiede ai sindacati di firmare un contratto nazionale a patto che questo sia poi sottoscritto da altre compagnie lowcost. Cosa impossibile senza una imposizione governativa: ad oggi – nonostante il decreto Rilancio preveda che ogni compagnia operante in Italia debba utilizzare i minimi salariali del contratto nazionale – nessuna low cost applica il contratto nazionale. La dead line imposta ai sindacati è per il 7 settembre: se per quella data non si arriverà ad un accordo, Ita partirà con un semplice «regolamento aziendale». Peggio di una low cost, dunque.

IERI INFINE SCADEVA L’OFFERTA vincolante ad Alitalia per 52 aerei – meno della metà della flotta – e gli slot (85% a Linate, solo il 43% a Fiumicino). L’offerta – secondo più fonti – sarebbe di 100 milioni, parecchio inferiore ai valori di mercato. Ma i commissari di Alitalia saranno costretti a accettarla perché diversamente tutta la procedura di sostituzione crollerebbe e il governo ne uscirebbe con una figura barbina. L’ennesima conferma che la sbandierata «discontinuità» fra Ita e Alitalia è solo di facciata e la stanno pagando solamente i lavoratori.