Dalle parole ai fatti, dalle minacce di protesta allo sciopero del campo. Nel giorno in cui l’ennesimo scandalo calcioscommesse mostra la faccia più triste del nostro pallone, la decisione delle calciatrici di serie A e B di non disputare la finale della Coppa Italia dona una ventata di dignità a tutto lo sport italiano.

«Si sono incontrate a Milano le calciatrici, le allenatrici e gli allenatori in rappresentanza delle squadre di serie A e B per discutere dell’attuale situazione in cui versa il calcio femminile e, all’esito della riunione, hanno manifestato la volontà di non giocare la finale di Coppa Italia in programma sabato prossimo tra Brescia e Tavagnacco», si legge nella nota stampa diramata ieri mattina dall’Associazione Italiana Calciatori. Una presa di posizione forte, che fa il paio con le dichiarazioni e le intenzioni espresse nei giorni scorsi dalle atlete italiane che hanno chiesto senza mezzi termini le dimissioni di Felice Belloli, il discusso presidente della Lega Nazionale Dilettanti al centro della bufera per aver etichettato le calciatrici italiane come «4 lesbiche» in cerca di fondi per giocare a pallone.

Patrizia Panico
Patrizia Panico

«Diamo già per scontate le dimissioni di Belloli (su cui oggi si avrà maggiore chiarezza, ndr)», spiega Patrizia Panico, “capitana” della nazionale italiana, «ma a dire il vero non ci bastano. Nei 7 mesi in cui ha guidato la LND il calcio femminile non è cresciuto né è stato promosso a dovere: per quanto ci riguarda è l’intero meccanismo a non funzionare, non solo questa presidenza».

Il problema di fondo, infatti, non riguarda solo l’ignoranza di Belloli, ma un piano generale di promozione dello sport femminile che sia in grado di procedere di pari passo con una lotta alle discriminazioni sessiste che ne minano la stabilità e lo sviluppo. Non è un caso, ad esempio, che mentre tra le atlete e le donne dello sport italiano (ma anche giornaliste sportive di tutta Italia) questa vicenda ha creato un vero terremoto e una conseguente ondata di sdegno e solidarietà attiva, nel mondo calcistico maschile è praticamente passata sotto traccia, eccezion fatta per un tweet di Manolo Gabbiadini, attaccante del Napoli e fratello di Melania, compagna di squadra di Panico al Verona, che sabato si era espresso «contro ogni forma di intolleranza e ignoranza».

Non si tira invece indietro Francesca Zara, pluridecorata cestista e colonna della nazionale italiana di basket, che si ritiene «scioccata» da quanto accaduto. «Si è trattata di una mancanza di rispetto verso tutte le atlete e le donne, verso i loro sacrifici, l’impegno profuso e i risultati raggiunti», ha detto al manifesto. «Condivido lo spirito della protesta. Magari in passato avrei detto che sarebbe stato opportuno cercare un’altra via, ma in certi casi – purtroppo – sbattere i pugni sul tavolo è l’unico modo per far sentire la propria voce».

Dal Coni il presidente Giovanni Malagò mantiene un profilo prudente: «Ci aspettiamo domani (oggi, ndr) delle prese di posizione laddove queste dichiarazioni fossero confermate. Il Coni non può vigilare sulla Lega ma può esprimere un’opinione e oggi ho detto apertamente cosa penso: bisogna correre ai ripari, lo devono fare loro ma devono farlo presto e bene». L’attacco più duro arriva dalle associazioni che si battono contro le escrescenze discriminatorie e sessiste che investono le donne nello sport come nella vita di ogni giorno. «Quella di non disputare la finale di Coppa Italia è stata una decisione inevitabile», ha dichiarato Luisa Rizzitelli di Assist, l’associazione nazionale atlete. «Ci aspettavamo che Belloli si facesse indietro già nei giorni scorsi, viste anche le dichiarazioni dei giorni successivi che hanno evidenziato come fosse una persona inadeguata a ricoprire il ruolo di presidente. Dispiace essere dovute arrivare a compiere un gesto così forte per rendere pressanti le nostre istanze, ma è necessario aprire quanto prima una discussione seria per una nuova progettualità di calcio femminile».