«Rivoluzione esistenziale», «nuovo internazionalismo» anti-patriarcale, anti autoritario e anti razzista, per una «produzione di forme di vita alternative e di corpi ribelli», per una «politica della vita e non del sacrificio». Sono alcune delle frasi estrapolate dalll’appello delle femministe argentine che segnano il percorso e le nuove tappe, da fare tutte insieme, del movimento femminista mondiale, che adesso si dà appuntamento il prossimo 8 marzo per un nuovo sciopero «delle attività e dei corpi» di tutte, al lavoro e a casa.

Domenica scorsa a Roma, dopo la grande manifestazione nazionale contro la violenza di genere, il movimento di Non Una di Meno è tornato a riunirsi in assemblea plenaria delle varie realtà territoriali e dei tavoli tematici di elaborazione e ha lanciato, appunto, il nuovo appuntamento del «Lotto Marzo».

«Siamo pronte a incrociare le braccia di nuovo nel lavoro produttivo e riproduttivo, gratuito e a nero, formale e informale, costruiremo una nuova memorabile giornata di lotta delle donne, delle trans, dei soggetti queer, del lavoro femminilizzato, fuori dalla ritualità contro il ricatto della precarietà e delle violenza», scrivono le italiane in risposta all’appello internazionale, ricordando che già l’anno scorso grazie alla copertura dei sindacati la possibilità di scioperare è stata garantita in grandi aziende pubbliche e private, raggiungendo la vetta di adesioni del 24 per cento all’Inps.

Adesso che il movimento Non Una di Meno ha un piano nazionale per combattere la violenza maschile contro le donne e per il radicamento dei centri anti violenza e delle case rifugio, il dibattito si approfondisce anche sugli altri fronti della lotta, a cominciare dalla necessità di coordinamento – espressa nell’assemblea di domenica – di organizzare una rete delle persone e dei gruppi che si battono contro le obiezioni di coscienza che paralizzano i servizi per l’Ivg negli ospedali e nelle altre strutture medico-sanitarie.

Ma non c’è solo questo, gli obiettivi – come si vede dalle parole d’ordine delle argentine – sono molto più estesi e complessi, riguardano il come stare al mondo.

Così ha scritto alle donne scese in piazza sabato a Roma,Eddi, una giovane torinese di Non Una di Meno che si è recentemente unita alle kurde dell’Ypg che hanno strappato la capitale del Califfato nero, Raqqa, all’Isis: «Se si vuole una società libera bisogna che le donne siano libere. Devono poter sostenersi economicamente e politicamente, formarsi, sviluppare al massimo le proprie possibilità, ambire a qualunque desiderio, sentirsi ed essere sicure e forti».

Nella sua lettera dalla Siria del Nord, letta al corteo, Eddi racconta la «teoria della rosa» che ispira le kurde. «Una rosa coltiva la bellezza dei suoi petali grazie alle spine che la proteggono da ciò che la minaccia. Potersi difendere vuol dire avere delle basi culturali, filosofiche e sociali del tutto diverse da quelle su cui si fonda il patriarcato. La rivoluzione delle donne – conclude – è la rivoluzione delle rose». rachele gonnelli