Ucraina, Superbonus, Giustizia: i focolai di tensione tra Fi e la premier sono a tutto campo. Nessuno tale da provocare una crisi ma tutti più sufficienti per garantire la fibrillazione permanente. La gaffe di ieri del vicepresidente del Senato Mulè ne è una spia precisa. L’azzurro chiede «di valutare le dimissioni» della sottosegretaria FdI Montaruli, fresca di condanna, un attimo prima che la condannata provveda da sola. Le «fonti» di FdI fanno trapelare un commento al vetriolo: «Pensava di metterci in difficoltà. Ha preso uno schiaffo morale che gli manterrà la faccia più rossa di quanto già non sia». Lo schiaffeggiato risponde inviperito: «Affermazioni calunniose al limite della minaccia. Sollecito FdI a prendere le distanze, o siano i giornalisti a fare uscire queste fonti da un anonimato che sa di viltà». Una tempesta nel bicchiere d’acqua che denuncia però tensioni più serie.

Quella sull’Ucraina, più di ogni altra. Lo schiaffo di Weber con l’annullamento del summit Ppe di giugno a Napoli, ha lasciato il segno. I forzisti sono convinti che il presidente del Ppe sia stato spinto dall’ala orientale dei popolari, soprattutto polacchi e lituani, salvo poi calcare troppo la mano. Le lodi per Tajani, in contrapposizione col reprobo Berlusconi, sono state prese malissimo e hanno in realtà messo in difficoltà proprio Tajani. Non a caso, dopo l’incontro di ieri con Weber, il ministro degli Esteri ha sottolineato che «Berlusconi e Fi sono la stessa cosa». Tajani assicura che «la posizione di Fi a favore degli aiuti militari non cambia». Aggiunge però che «il nostro obiettivo è quello di raggiungere la pace»: sembra una banalità ed è invece un distinguo preciso. A chiarirlo è il solito Mulè, secondo cui i Paesi dell’Est «vedono come il fumo negli occhi qualsiasi iniziativa diplomatica per la pace».

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Non si tratta solo di parole. In ballo c’è l’invio di armi «offensive», in concreto tali da colpire il territorio russo. E’ il punto critico e Tajani in materia è tassativo: «Noi abbiamo sempre detto di non voler fare la guerra alla Russia. Abbiamo dato armi difensive. L’Italia per adesso non ha inviato e non invierà strumenti per colpire fuori dall’Ucraina». Quel «per adesso» è una puntualizzazione necessaria. La premier ha scommesso moltissimo sul qualificarsi come ala estrema dello schieramento atlantico nell’Europa dell’ovest. Se e quando Washington e Bruxelles insisteranno sul serio. dire di no non le sarà facile e forse neppure possibile. Ma a quel punto la distanza dalle posizioni di Arcore emergerà in pieno, con riflessi nell’intera maggioranza: basti ricordare che proprio Malan, oggi FdI, guidò nel 2015 la delegazione italiana tra gli osservatori delle elezioni «indipendentiste» del Donbass.

Per il Ppe la posizione è particolarmente delicata: per raggiungere l’intesa con i Conservatori che dovrebbe portare l’anno prossimo al cambio di maggioranza ha bisogno sia della premier che di Fi. La quadratura del cerchio sarebbe una Fi non più sotto il dominio del suo fondatore e proprio quella via sembrava indicare due giorni fa Weber. Ma è una via impraticabile: Berlusconi e Fi non sono né saranno mai separabili. Per ora «l’incidente è chiuso», assicura Tajani che però insiste sull’«errore» commesso dal Ppe e chiede di riconvocare la manifestazione in autunno, a Roma. Una specie di «summit riparatore».

Appena meno delicata la partita del Superbonus. Gli azzurri non nascondono il dissenso,chiedono di poter modificare il decreto ghigliottina con gli emendamenti, senza blindarlo con la fiducia. Il capogruppo alla Camera Cattaneo stempera,ammette che «in questo momento non c’era altra scelta», esclude sorprese sul voto di fiducia ma insiste per «una soluzione»: Fi pensa alla cartolarizzazione dei crediti. FdI non chiude le porte ma una cosa sono le ottime intenzioni, tutt’altra tradurle in pratica. Anche da quel lato le tensioni sono destinate a riemergere presto.