A 48 ore dalla scadenza dell’ultimatum Ue sulla manovra bis, si moltiplicano le ipotesi sulla possibile risposta italiana a Bruxelles: è probabile che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan domani invii un testo generico, rinviando il dettaglio al Def di aprile. E cercando nel frattempo (sempre che la Commissione accetti una dilazione) di ottenere per via diplomatica uno sconto. Per non cadere in una nuova procedura d’infrazione, l’Italia dovrebbe correggere subito il deficit dello 0,2%, per un valore pari a 3,4 miliardi di euro.

Un pacchetto di misure sarebbe stato già valutato dal ministero dell’Economia: le ipotesi variano dai tagli di spesa (lineari e alla ricerca di sprechi, magari sulle partecipate pubbliche), anticipando alcune misure previste per il 2018, alla marcia indietro su alcune agevolazioni fiscali già annunciate o comunque esistenti (sulle pensioni o le famiglie). E ancora: l’aumento delle accise su tabacco e benzina, un possibile ritocco dell’Iva, negli ultimi anni sempre sterilizzata dal governo. Potrebbero spuntare infine anche misure di lotta all’evasione che, nel 2016, avrebbe fruttato oltre 17 miliardi di incassi, un record e un valore che si punta a consolidare in modo strutturale. Non ci sarebbe intenzione, invece, di rinviare il calo dell’Ires dal 27,5 al 24% già attivato.

Nella partita giocano poi il loro ruolo gli eventi calamitosi che hanno colpito ultimamente l’Italia, come il terremoto, e le spese che il nostro Paese deve affrontare per i migranti, mentre molti governi europei (a partire da quello ungherese) non collaborano. Ieri peraltro si è aggiunto l’Fmi, con un inaspettato assist: la presidente Christine Lagarde ha definito il Patto di Stabilità politicamente «inaccettabile» e poco incisivo, visto che non ha impedito il deterioramento dei bilanci, mentre le procedure per deficit sono cresciute. Lagarde ha invocato una riforma, con sanzioni più graduali e se possibile «non pecuniarie» per renderle più credibili.

Se il ministro Padoan, tradizionalmente più sensibile alle richieste Ue, cerca di non elevare troppo la polemica con Bruxelles, è invece nettamente più critico il collega alle Infrastrutture Graziano Delrio, attento al consenso in vista di possibili elezioni: «Non toglieremo un euro alle esigenze delle zone terremotate – ha detto – Non togliere un euro ai sistemi di protezione sociale e non togliere un euro alla crescita e agli investimenti. Questi sono paletti molto forti sui quali non si può ragionare. L’unica cosa da fare è continuare a promuovere gli investimenti».

«L’orientamento del governo, e del presidente del consiglio Gentiloni in primo luogo – ha ripreso il titolare delle Infrastrutture – è che non si devono sottrarre risorse alla crescita, allo sviluppo e agli investimenti. E io sono molto d’accordo con lui. Bisogna decidere se ha ragione l’Fmi che chiede investimenti o se la medicina per un’Europa che ha 25 milioni di disoccupati sia quella di tagliarli; in questo caso sono d’accordo con l’Fmi».

Toni che ricordano le polemiche di Matteo Renzi contro le richieste dell’Europa, quando era ancora premier. E oggi che è segretario del Pd, e che è capofila di un nutrito battaglione che chiede elezioni al più presto (cioè entro giugno), riecheggiano nelle parole di uno dei suoi ministri più fidati.

Il problema dei tagli non è da poco: non a caso si è combattuti tra risparmi e nuove entrate, e comunque si andrebbero a toccare fasce di cittadini che in qualche modo poi potrebbero rivalersi al momento del voto. In un momento in cui avanzano i partiti anti-establishment, ogni euro speso per rispondente all’Europa diventa un boomerang che colpisce chi governa in piena faccia. Gentiloni e Pd compresi.

Ieri il commissario agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici ha cercato di stemperare il clima: «Aspettiamo la risposta italiana con serenità – ha spiegato – la lettera è sul tavolo e ora sta alle autorità italiane rispondere, è stato detto che c’è l’intenzione di rispondere quindi aspettiamo, non dobbiamo essere impazienti perché c’è un dialogo costruttivo, positivo in corso, non cerchiamo avvenimenti che non si stanno verificando».