L’invasione russa in Ucraina finora non c’è stata ed è possibile, sperabilmente, che non ci sia mai, ma la crisi politica cresciuta attorno all’ipotesi di uno scontro militare sta già segnando a fondo alcuni equilibri internazionali. «La scelta è nelle mani di Vladimir Putin, le opzioni sono chiare», ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, nella sua escursione retorica quotidiana.

Secondo l’ultimo scenario rivelato dal Washington Post sulla base di rapporti dell’intelligence americana, il Cremlino «ha un piano» che comprende «un pretesto» per attaccare. Il presidente russo Vladimir Putin è consapevole dello spazio che occupa oggi nei meccanismi decisionali della Casa Bianca, e sembra anche deciso ancora una volta a sfruttarlo.

Così sta usando la visita a Pechino in occasione dei Giochi olimpici per mostrare quanto stretto sia, e rafforzato, il rapporto Russia-Cina. «Si sta formando un’alleanza energetica vantaggiosa per tutti», ha detto in un articolo pubblicato dall’agenzia Xinhua. I due Paesi vogliono anche espandere l’uso delle valute nazionali nei pagamenti bilaterali per ridurre gli effetti delle sanzioni straniere.

PUTIN E XI JINPING si vedranno oggi. Ieri sera il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha ribadito al collega russo, Sergei Lavrov l’offerta di «cooperazione e sostegno» sul tema della sicurezza, alla luce del confronto con gli Stati Uniti: le posizioni convergono su questioni come Ucraina, Afghanistan e Corea del Nord. Lo sguardo di Putin pare, quindi, rivolto sempre più verso Oriente.

Il presidente francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, hanno intenzione di volare a Mosca nei prossimi giorni perché la crisi sia risolta dentro i confini per così dire politici dell’Europa. Anche il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, ha proposto a Putin un incontro. «Voglio stabilire un clima di pace e di fiducia in tutta la regione», ha detto ieri a Kiev dopo avere firmato con Volodymyr Zelensky accordi che gli ucraini hanno definito «storici, se non altro perché comprendono la produzione dei droni militari Bayraktar.

Per Erdogan sembra il ritorno alla stagione «zero conflitti attorno alle frontiere» che ha segnato la prima parte del suo lungo dominio sulla politica turca, quando al ministero degli Esteri sedeva Ahmet Davutoglu. Lo separano da quei tempi tre sanguinosi conflitti, in Siria, in Libia e in Nagorno Karabakh, che lo hanno visto contrapposto proprio a Vladimir Putin. Secondo i media turchi il capo del Cremlino potrebbe volare ad Ankara nella seconda metà di febbraio, dopo i Giochi di Pechino.

Non c’è alcuna ragione di ritenere che i russi, al di là delle dichiarazioni di circostanza, intendano assegnare a Erdogan, il Sultano atlantico, il ruolo di mediatore. Intanto il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, è arrivato a Minsk, in Bielorussia, per verificare le truppe in vista dell’esercitazione militare congiunta in programma dal 10 al 20 febbraio. Shoigu ha incontrato il presidente Alexander Lukashenko.

LA CRISI UCRAINA è stata al centro di una riunione a Bucarest del “Gruppo B9”, composto da paesi del fronte orientale della Nato, e quindi Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria, alla quale hanno partecipato anche i ministri degli Esteri di Francia, Jean-Yves Le Drian, e Ucraina, Dmitro Kuleba.

In Russia le tensioni si riflettono su numerosi aspetti della vita pubblica. Per rispondere al divieto di trasmissione deciso in Germania per l’emittente RT, il governo ha ordinato la chiusura dell’emittente tedesca Deutsche Welle, che a Mosca ha un grande ufficio di corrispondenza. Secondo i sondaggi di opinione la grande maggioranza dei cittadini considera l’occidente responsabile della crisi.

MA LE CONSEGUENZE sollevano comunque reazioni negative nella società civile. In settimana centinaia di intellettuali hanno firmato un appello contro quello che è stato definito «il partito della guerra». Fra loro l’attivista Lev Ponomarev e il politico liberale Grigory Yavlinsky. «I cittadini russi sono staggio dell’avventurismo criminale che sta trasformando la nostra politica estera», è scritto nel documento: «Noi, cittadini responsabili e patrioti, lanciamo una sfida aperta al partito della guerra formato dentro il governo, esprimendo la protesta di quella parte della società che odia la guerra e considera un crimine già il semplice uso di una minaccia militare».