Di Giancarlo, e del nostro rapporto di amicizia durato più di cinquanta anni, voglio ricordare soprattutto il «nostro» lungo ’68, quello di Bari, e come esso segnò una trasformazione radicale della città e del suo spirito pubblico le cui tracce per tanti aspetti ancora durano.

Giancarlo ne è stato infatti il principale protagonista insieme a Francesco Laudadio, attraverso percorsi per lo più indipendenti, ma convergenti in quel passaggio essenziale che fu la confluenza nel Pci del vasto movimento giovanile rappresentato dal Comitato Antifascista Antimperialista, di cui egli stesso scrisse nel suo contributo al volume collettaneo Pci, intellettuali e Mezzogiorno, curato da Giuseppe Vacca.

Si trattò di una svolta radicale nella vita della città, e nei comuni del circondario, che collocò su un terreno democratico vasti strati di ceto medio, in stretta interlocuzione con la classe operaia di fabbrica della città, a cui dedicò tutte le sue energie Mario Santostasi che insieme a Giancarlo fu il principale artefice del rinnovamento del Pci in quegli anni cruciali.

Fu soprattutto Giancarlo da segretario del Pci, con la sua proverbiale tenacia, a dare forma organizzata e continuità a quella che costituì non solo un’esperienza politica e intellettuale di alto livello, ma fu soprattutto la costruzione di un nuovo «blocco storico» che ha cambiato in modo duraturo il profilo di Bari e della Puglia. E non credo sia azzardato affermare che l’esperienza della «primavera pugliese» guidata da Nichi Vendola e il fatto che l’attuale amministrazione della città sia tra i principali presidi democratici di un Mezzogiorno per tanti aspetti alla deriva trovino in quel passaggio cruciale una delle loro principali radici.