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Cyborg, Bertie e gli altri giornalisti robot

Cyborg, Bertie e gli altri giornalisti robot

A parte la firma qui accanto, come potete sapere se è veramente un essere umano ad aver scritto questo articolo e non un robot? La domanda è meno peregrina di […]

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 6 marzo 2019

A parte la firma qui accanto, come potete sapere se è veramente un essere umano ad aver scritto questo articolo e non un robot?

La domanda è meno peregrina di quanto possa sembrare qui in Italia. Il «giornalismo automatizzato» (automated journalism) è ormai una realtà.

Bloomberg ha già pubblicato migliaia di articoli scritti da algoritmi. Un terzo di tutte le notizie pubblicate da questa primaria agenzia finanziaria è stato scritto da un software chiamato «Cyborg», perfetto per digerire dati su bilanci e trimestrali.

Nella finanza il tempo è denaro: Cyborg non dorme mai, digerisce le informazioni di borsa e pochi istanti dopo «sputa» una sintesi completa che la redazione (umana, ancora) è in grado di pubblicare immediatamente battendo la concorrenza.

Infatti Cyborg non è solo. Ormai deve vedersela con «Bertie» (il giornalista virtuale di Forbes), «Heliograf» (al Washington Post) e altri rampanti colleghi artificiali creati dall’Ap, dalla Reuters e dal Guardian. Gli usi dell’intelligenza artificiale nelle redazioni sono ormai tanti.

Sempre negli Stati uniti, infatti, un altro settore perfetto per il giornalismo automatizzato è quello sportivo, dove i software analizzano i tabellini ufficiali delle partite di baseball, li incrociano con altre fonti di informazione e scrivono articoli di cronaca completi della partita. Un’applicazione ideale, per esempio, per raccontare tornei locali o amatoriali dove mandare un giornalista in carne e ossa sarebbe costoso e impensabile.

È difficile dire se il giornalista diventerà un mestiere in estinzione.

Gli ottimisti dicono che i reporter potranno dedicarsi a inchieste e compiti più impegnativi affidando ai robot gli articoli ripetitivi, noiosi o di routine.

Quanto ai pessimisti, invece, non è difficile immaginare cosa pensino.

Di sicuro i giornalisti per primi non sono nemmeno in grado di comprendere i rudimenti dell’intelligenza artificiale, dell’analisi dei dati e degli algoritmi. E rischiano di farsi dettare titolo e «pezzo» dagli informatici. E domani, chissà, da un direttore robot.

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