Non si fidava più del padre della sua bambina. Aveva troncato la relazione che col tempo era diventata tormentata, fatta solo di litigi: ma quell’uomo non si era rassegnato alla separazione, continuava a perseguitarla, facendo di tutto per farla vivere nell’angoscia e nel terrore. E Marisa Leo, 39 anni, tre anni fa l’aveva denunciato per stalking. Da quel giorno si dedicava soltanto alla casa, al lavoro e alla sua amata figlia. Si sentiva in pericolo e conosceva bene gli atteggiamenti degli orchi, perché, oltre a occuparsi della comunicazione e del marketing della cantina vinicola per cui lavorava, Marisa era impegnata in un progetto contro la violenza sulle donne. Aveva paura di quell’ex compagno che diceva di amarla, sapeva però di potere contare su una rete solida di protezione fatta di parenti, amici e colleghi di lavoro. Non la lasciavano mai da sola. Anche quando cinque mesi fa quell’ex minaccioso l’aveva raggiunta a Verona, dove la donna stava lavorando al Vinitaly nello stand dell’azienda, con la scusa di averlo fatto solo per aiutarla nella gestione della figlia che era con lei.

MA COME CAPITA nei femminicidi, quel maledetto appuntamento “chiarificatore” è stato fatale. Pare che Angelo Reina, 42 anni, abbia convinto Marisa a raggiungerlo nel suo vivaio di famiglia, a Marsala, per chiarire le divergenze dovute ai mancati versamenti del mantenimento. Quando è arrivata, la donna ha trovato il suo ex con una carabina in pugno. E con quell’arma è stata assassinata, il suo corpo è stato ritrovato in una pozza di sangue. Dopo avere uccisa la madre della sua bambina di 4 anni, Reina è salito sulla sua Porsche Cayenne, ha imboccato l’autostrada Mazara del Vallo-Palermo e si è fermato in un viadotto tra gli svincoli di Alcamo ovest e Castellammare del Golfo: lì si sarebbe sparato un colpo con la stessa carabina, precipitando poi nella scarpata. È stato un automobilista di passaggio ad assistere alla scena e ad avvertire la polizia. Così sono scattate le indagini per risalire all’identità e dai database è emerso che Reina era stato denunciato in passato per stalking.

GLI INVESTIGATORI della squadra mobile si sono messi allora sulle tracce di Marisa Leo. L’hanno chiamata inutilmente al telefono. È stato allertato anche il presidente della cantina Colomba bianca, Dino Taschetta. Fino alla scoperta che si temeva: al vivaio di famiglia di Reina i poliziotti hanno trovato l’auto della donna e il suo cadavere. «Avevamo lavorato tutto il giorno insieme in ufficio – racconta Giuseppe Gambino, direttore della cantina – ed è stata lei a dirmi che, appena usciva dall’azienda, sarebbe dovuta andare a prendere la bambina».

ORIGINARIA DI SALEMI, Marisa era molto conosciuta nell’ambiente vinicolo per la sua professionalità e la sua dedizione al lavoro. Per coronare il sogno di occuparsi di vino aveva deciso di non proseguire l’attività di commercialista, per cui aveva studiato laureandosi in economia. E faceva parte dell’associazione Donne del vino in Sicilia. «Dentro la nostra associazione aveva concepito il format ‘DxD Calici di vita’, nato per supportare le vittime di violenza. È paradossale che proprio lei sia stata vittima», dice Roberta Urso, presidente dell’associazione.

Domenico Venuti, sindaco di Salemi, città dove risiede la famiglia della vittima, è afflitto: «La nostra comunità è sconvolta. Non ci sono parole per descrivere il dolore per una tragedia assurda e inaccettabile. Ci stringiamo ai familiari nel ricordo di una ragazza solare che amava la vita. Il giorno dei funerali sarà lutto cittadino».

DI MARISA LEO, oltre al ricordo doloroso delle persone che l’hanno conosciuta e a una bambina di quattro anni, resta un post pubblicato sui social l’8 marzo di tre anni fa: «Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per venire giudicate brave la metà. È vero. La parità non esiste ancora, il nemico più grande rimane il pregiudizio inconsapevole di tanti uomini, il pericolo maggiore è la mancanza di consapevolezza di molte donne…».