Tra Cina e Canada è arrivato il momento delle accuse reciproche con toni sempre più pesanti. A seguito della condanna a morte di un cittadino canadese, accusato di spaccio di droga, stabilita alcuni giorni fa da una corte cinese, il Canada ha risposto con la voce del proprio premier, Justin Trudeau.

I rapporti tra i due paesi sono degenerati a seguito dell’arresto in Canada, su richiesta Usa, di una importante dirigente della cinese Huawei.  Pechino, indispettita, ha provveduto ad arrestare subito alcuni cittadini canadesi (secondo Ottawa sarebbero stati 13 in totale i fermati, di cui 8 già rilasciati). Finché due giorni fa, a seguito di un ricorso presentato da un canadese precedentemente condannato a 15 anni di carcere, una corte cinese ha trasformato la sentenza in pena capitale.

COMMENTANDO IL DRAMMATICO sviluppo della disputa in atto tra i due paesi Trudeau ha espresso «profonda preoccupazione» per le sorti del suo concittadino condannato a morte, definendo «arbitraria» la sentenza della corte cinese di Dalian, nella provincia di Liaoning, e ha inoltre specificato che il governo canadese farà tutto il possibile per convincere Pechino a non eseguire la condanna. «Ci preoccupa profondamente come governo, e lo stesso dovrebbe valere per tutti i nostri amici e alleati internazionali, che la Cina abbia scelto di applicare arbitrariamente la pena di morte in questo processo affrontato da un canadese», ha detto Trudeau durante una conferenza stampa.

Il primo ministro ha spiegato che il suo governo ha rafforzato la politica che impone a Ottawa di «intercedere sempre a favore dei canadesi che affrontano la pena di morte in qualsiasi parte del mondo».

LA RISPOSTA DELLA CINA non è mancata, dopo che giorni fa un articolo dell’ambasciatore cinese in Canada aveva accusato Ottawa di «doppio standard», a proposito dell’arresto della cinese Meng Wenzhou, dirigente della Huawei e motivo scatenante di questo attuale confronto tra i due paesi.

«Ho visto i rapporti rilevanti», ha dichiarato il portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying. «I dipartimenti cinesi competenti gestiscono i casi secondo la legge e la detenzione cosiddetta arbitraria di cittadini canadesi è un’accusa infondata. Per quanto riguarda la questione dell’immunità, vorrei suggerire che le parti interessate in Canada analizzino attentamente la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e il diritto internazionale».
Il portavoce ha poi ricordato anche il caso di un altro canadese arrestato di recente, Michael Kovrig, affermando che questi non gode dell’immunità, in quanto ex diplomatico munito di un passaporto ordinario e di un visto d’affari per la Cina.