A 9 giorni dalla fine di questa amministrazione, il segretario ad interim alla sicurezza nazionale Chad Wolf si è dimesso. A prendere il suo posto è il capo dell’agenzia federale di gestione delle emergenze, Fema, Pete Gaynor, che subentra in seguito all’attacco al Campidoglio e mentre l’apparato di sicurezza nazionale si prepara a possibili violenze, in uno stato di emergenza, fino al giorno dell’inaugurazione del 20 gennaio.

Wolf ha ricoperto il ruolo principale presso il dipartimento della sicurezza nazionale per 14 mesi, e il suo mandato è stato ripetutamente in polemica con le azioni dell’amministrazione Trump, specialmente in tema di immigrazione, la più recente, la scorsa settimana, ha riguardato i limiti imposti da Trump a i richiedenti asilo.

Il dimissionario segretario per la sicurezza nazionale Chad Wolf, foto Ap

LE DIMISSIONI DI WOLF

Wolf è il terzo Segretario di gabinetto ad essersi dimesso negli ultimi giorni, sebbene la sua lettera non citi i disordini della scorsa settimana, come invece era accaduto nel caso di Betsy DeVos, ex Segretaria dell’istruzione, ed Elaine Chao, ex Segretaria dei trasporti.

Wolf aveva esortato Donald Trump e tutti i funzionari eletti a condannare la violenza scatenata dalla base di Trump a Capitol Hill e lo aveva fatto tramite una dichiarazione espressa in modo brusco.

“Ciò che è accaduto ieri è stato tragico e disgustoso – aveva affermato Wolf – Ho costantemente condannato la violenza politica da entrambi i lati del corridoio, in particolare la violenza diretta alle forze dell’ordine, ora vediamo alcuni sostenitori del presidente che usano la violenza come mezzo per raggiungere fini politici. Questo è inaccettabile.”

CHI PROTEGGE GLI USA

Il presidente democratico della House Homeland Security, Bennie Thompson, non ha preso bene queste dimissioni ed ha definito la tempistica di Wolf “discutibile”, citando le preoccupazioni riguardanti il periodo che sta attraversando il la democrazia americana.

“Wolf scelto di dimettersi durante un periodo di crisi nazionale, e quando i terroristi interni potrebbero pianificare ulteriori attacchi al nostro governo. E a differenza di altri, apparentemente, non lascerà l’amministrazione Trump per una questione di principio”, ha detto Thompson, aggiungendo che, a questo punto, il numero due di Wolf, Ken Cuccinelli, dovrebbe a sua volta dimettersi.

L’assalto a Capitol Hill, foto Ap

Gli Usa, ancora ammaccati dagli avvenimenti di mercoledì scorso, sono entrati nella nuova settimana con l’avvertimento dell’FBI riguardante le possibili proteste armate che si dovrebbero tenere domenica 17 in tutte le 50 capitali degli Stati e al Campidoglio degli Stati Uniti, e mentre quasi tutte le principali agenzie di sicurezza nazionale sono gestite da leader ad interim, compreso il Dipartimento di Giustizia e il Dipartimento della Difesa.

In questo quadro il Dipartimento di Sicurezza Nazionale avrà ora un nuovo capo, per solo nove giorni, fino al giorno dell’inaugurazione, che si trova a gestire una rivolta dei suprematisti bianchi guidata da un presidente che al più tardi giovedì entrerà nuovamente sotto impeachment ed è in rotta con tre quarti del Congresso e le maggiori cariche dello Stato.

LE DIMISSIONI DI SUND

A essersi licenziato a seguito di richieste che piovevano praticamente da tutte le parti è stato anche Il capo della polizia del Campidoglio, Steven Sund. Ora, da ex impiegato, racconta che due giorni prima che il Congresso ufficializzasse la vittoria di Joe Biden, preoccupato per le dimensioni delle folle pro-Trump che si prevedeva sarebbero arrivate a Washington, aveva chiesto che le unità della Guardia Nazionale di Washington fossero allertate e messe in attesa nel caso in cui le sue forze limitate venissero sopraffatte da manifestanti violenti, ma che le sue richieste erano stato respinte dai funzionari della sicurezza della Camera, del Senato e da un alto comandante del Pentagono, il sergente Paul Irving.

Irving aveva detto di non essere a proprio agio con l'”ottica” di dichiarare formalmente un’emergenza prima della manifestazione, ha detto Sund. Quella ad Irving è stata la prima delle sei volte in cui la sua richiesta di aiuto è stata respinta o ritardata, ha detto Sund. Due giorni dopo, mercoledì pomeriggio, quando le sue forze erano già nel bel mezzo della crisi, Sund ha detto di aver chiesto aiuto altre cinque volte, ma nessuno gli ha mai risposto.