Lo spettro dell’autonomia differenziata si riaffaccia alla ribalta dell’attulià politica e rischia di prendere forma con la bozza del “disegno di legge Gelmini” di attuazione dell’art. 116, c. 3, Cost.

In coerenza con l’istituzionalizzazione della diseguaglianza veicolata dall’autonomia differenziata, apre ad un trasferimento ampio di materie, in una cornice che, con il riferimento alla spesa storica, tende a fotografare e riprodurre le sperequazioni nella concretizzazione dei diritti. Tutto attraverso un processo, ça va sans dire, inscritto nella logica della verticalizzazione del potere e dell’esautoramento del Parlamento (il cui coinvolgimento, nella bozza, è relegato al parere reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali e alla ratifica del “disegno di legge di mera approvazione dell’intesa”).

Quanto alla salvaguardia di una tutela uniforme dei diritti che sarebbe assicurata dai Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale, si può rilevare come, anche se fossero prestabiliti in relazione a tutte le materie devolute, essi non si riferiscono che ad un nucleo minimo, non alla tutela piena, effettiva e concreta dei diritti. I livelli essenziali non garantiscono eguaglianza. Il disastro della regionalizzazione della sanità è un tragico dato di fatto che la pandemia ha reso evidente in modo inoppugnabile.

La regionalizzazione si è rivelata un volano per la dismissione della garanzia dei diritti attraverso il servizio pubblico, quando non per l’abdicazione tout court al compito di tutela dei diritti: con l’autonomia differenziata si compie un altro passo verso la diseguaglianza e verso l’abbandono di un progetto di emancipazione sociale. “Diritti diseguali” è un ossimoro e i diritti sganciati dall’uguaglianza si trasformano in privilegi.

L’autonomia differenziata si pone in contrasto con il senso dell’autonomia sancita all’art. 5 della Costituzione. L’inserimento dell’autonomia tra i principi fondamentali sottolinea la connessione che esiste tra essa e principi quali democrazia, sovranità popolare, uguaglianza, solidarietà: l’autonomia è impregnata di tali principi e il riferimento all’unità, sempre nell’art. 5 Cost., ribadisce la sua inclusione in un comune orizzonte incardinato intorno alla dignità e ai diritti.

L’autonomia non è contro l’unità nazionale, ma ne è parte. È un’autonomia – quella costituzionale – che esprime un’idea di territorio come luogo vissuto, spazio di riconoscimento della pari dignità sociale, di esercizio dei diritti, di soddisfazione dei bisogni. Attraverso l’autonomia passano il pluralismo, la sovranità del popolo e intrinsecamente plurale, la valorizzazione della partecipazione, la limitazione del potere.

La prossimità in questo senso è garanzia, attraverso la vicinanza e l’effettività, di concretizzazione dei diritti, in armonia e al servizio del progetto costituzionale di uguaglianza sostanziale (art. 3, c. 2, Cost.). Nulla toglie l’autonomia così declinata alla garanzia dei diritti sulla base di un principio di universalità e di uguaglianza sul territorio nazionale.

La Costituzione all’art. 3 ragiona di uguaglianza effettiva, di differenziazioni e redistribuzione che possano garantirla, muovendosi nello spazio della solidarietà e della giustizia sociale; l’autonomia differenziata sponsorizzata da alcune ricche regioni del Centro-Nord si situa in un orizzonte competitivo e, dietro una perequazione dal sapore meramente retorico, stabilizza e incrementa le diseguaglianze. Si scorge in controluce l’utilizzo della categoria del merito come strumento di legittimazione delle diseguaglianze e giustificazione dell’abbandono della redistribuzione della ricchezza e della solidarietà.

L’autonomia differenziata si declina, dunque, in senso autoreferenziale, come egoismo territoriale, e si pone dalla parte della diseguaglianza. Costituisce una distonia nel testo costituzionale e va rimossa (come l’altro elemento disarmonico, il principio di pareggio di bilancio, appartenente alla stessa razionalità). Certo, si è consapevoli dei rapporti di forza: la distonia è la nota dominate e parte della melodia, egemone, che eleva la massimizzazione del profitto di pochi a grundnorm. Ma almeno non rinunciamo a far sentire che altra è la voce dei diritti, dell’uguaglianza, dell’emancipazione.