Dopo un fine settimana di indiscrezioni sul prossimo Dpcm, ieri il premier Conte ha chiarito alcuni punti. «Sullo spostamento tra regioni a Natale, ci stiamo lavorando, se continuiamo così a fine mese non avremo più zone rosse», ha detto a Otto e Mezzo. «Tuttavia, il periodo natalizio richiede misure ad hoc. Si rischia altrimenti di ripetere il Ferragosto…».

A quanto si apprende da fonti di governo ci saranno 2 Dpcm: uno più “liberale” dal 4 dicembre alla Vigilia e uno successivo, più severo, in vigore fino all’Epifania. «Consentire tutte le occasioni di socialità tipiche del periodo natalizio non è possibile. Non possiamo concederci vacanze indiscriminate sulla neve», le parole del premier.

Ecco la risposta attesa dalle regioni del Nord e dagli operatori della montagna che per tutta la giornata avevano chiesto di aprire le piste per le vacanze di fine anno. Un fronte vasto, dai governatori alle società che gestiscono gli impianti, gli albergatori e i maestri di sci. Preoccupati da un lockdown delle nevi che «sarebbe una catastrofe economica».

I PRESIDENTI DI PIEMONTE, Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia hanno presentato al governo un protocollo di sicurezza per poter sciare almeno nelle regioni gialle e arancioni. Sono arrivati anche gli appelli di due leggende dello sci come Alberto Tomba e Gustav Thoeni. Ma la risposta di Conte è secca: «Per gli impianti da sci il problema del protocollo è un conto, ma tutto ciò che ruota attorno alle vacanze sulla neve è incontrollabile. E con Merkel e Macron in Europa stiamo lavorando ad un protocollo comune. Non è possibile consentire vacanze sulla neve, non possiamo permettercelo».

LA LINEA DEL RIGORE dunque prevale nel governo. Vince il fronte di chi, come il ministro Azzolina, chiede di dare priorità alle scuole quando i numeri permetteranno qualche allentamento. Per le feste, se le regioni passeranno tutte al giallo, il governo ipotizza spostamenti per incontrare i parenti più stretti. E aperture dei negozi «dilatate» fino a dopo cena (e nei fine settimana) per lo shopping fino a Natale. «Solo quando avremo l’indice Rt sotto 1 in tutta Italia potremo valutare di aprire una nuova fase», ha detto il ministro della Salute Speranza al Tg5. «Ma non bisogna correre o accorciare le tappe. La pressione sugli ospedali resta molto alta».

IERI IL BOLLETTINO COVID ha segnato una triste tappa: con gli ultimi 630 decessi l’Italia ha superato le 50mila vittime da inizio pandemia. Ieri, come dopo ogni fine settimana, calo dei positivi a 22.930 con circa 148 mila tamponi. Il dato incoraggiante è che i guariti di ieri sono oltre 31.500, e per la prima volta dall’estate in numero maggiore rispetto ai nuovi positivi. Buono anche il dato delle terapie intensive, che registrano un +9, ma continuano ad aumentare i ricoveri in Area medica, che segnano un +418 (in totale sono 34.697). Stabile al 15% il rapporto tre test e nuovi contagi.

In allarme anche il Veneto, regione che è sempre rimasta gialla: «Ci preoccupa il numero dei ricoveri in area non critica, siamo arrivati a 2280 e abbiamo superato il tetto massimo di marzo-aprile», spiega il presidente Luca Zaia. Secondo gli esperti entro venerdì la curva dovrebbe raggiungere il picco di questa seconda ondata e iniziare a scendere.

SUL FRONTE POLITICO resta una nuova polemica tra regioni e governo. I governatori protestano perché l’esecutivo non ha accolto le regole che avevano stilato per riaprire le piste da sci.
«La chiusura metterebbe a rischio 120 mila posti di lavoro», attacca Giovanni Toti. «Sarebbe un danno enorme, irreparabile, se il governo decidesse non aprire gli impianti per le festività natalizie», l’appello di Giuseppe Cuc, che rappresenta i 15mila maestri di sci in Italia. «Molte famiglie vivono solo ed esclusivamente con il reddito percepito nei mesi invernali». Gli assessori regionali delle zone alpine chiedono al governo «una data comune per l’apertura degli impianti perché gli operatori aspettano risposte».

Ai governatori risponde con durezza il numero 2 del Pd Andrea Orlando: «Chi ha proposto la riapertura delle piste da sci sapeva benissimo che era irricevibile. Questo non è federalismo, è demagogia irresponsabile». E tuttavia sono tanti i parlamentari, anche di maggioranza, come il capogruppo Pd in Senato Andrea Marcucci che intendono «lavorare per aprire le piste in sicurezza».

Da Italia Viva la replica a Orlando non si fa attendere: «Quando in ballo ci sono di migliaia di posti di lavoro parlare di demagogia è del tutto ingiustificato», dicono i deputati renziani Raffaella Paita, Silvia Fregolent e Mauro Del Barba. «È un errore gravissimo credere che non si possa governare il flusso delle persone».

Dal ministero della Salute trapela pessimismo: «Fino al vaccino è difficile pensare di aprire le piste…». Conte parla di «fine gennaio», ma le prime dosi saranno per le categorie più a vulnerabili. Il rischio che la stagione sciistica non parta è concreto.