Nuova profonda crisi per il governo spagnolo sui migranti. Ieri la giustizia amministrativa di Ceuta, su richiesta di due ong (Coordinadora de Barrios e la Fundación Raíces), finalmente ha impedito che venissero riaccompagnati alla frontiera marocchina nove bambini e adolescenti, anche se tre erano già stati riconsegnati al governo di Rabat. Stavolta sono infatti proprio i minori le vittime contro cui il ministro degli interni spagnolo, il socialista Fernando Grande Marlaska, si sta accanendo da venerdì, ignorando le richieste dei suoi soci di governo di Unidas Podemos, di tutte le ong sul campo, dei responsabili dei minori della città autonoma di Ceuta, del garante dei cittadini (Defensor del Pueblo), e persino della magistratura.

Venerdì la ministra dei diritti sociali Ione Belarra aveva mandato una lettera al suo collega Marlaska chiedendo di rivedere la decisione di restituire ai vicini del sud i circa 800 minori che a maggio erano entrati in massa in Spagna, senza approntare un «protocollo di raggruppamento familiare di bambini e bambine che migrano soli che rispetti la normativa nazionale e internazionale», che deve includere un colloquio personalizzato con ciascun minore e l’intervento della Fiscalia, cioè della magistratura. Ieri si è saputo che la stessa vicepresidente del governo Yolanda Díaz aveva già chiesto al presidente Pedro Sánchez di bloccare questi rimpatri venerdì scorso, senza nessun risultato: ne hanno rimpatriati 15 al giorno, sabato e domenica inclusi.

In una sorprendente intervista ieri mattina alla Cadena Ser, Marlaska si è giustificato argomentando che questi rimpatri sono legali, e avvengono sempre «nell’interesse supremo del minore» per farli tornare al loro «contesto culturale, sociale e familiare senza andare a scapito della loro integrità morale». Inoltre, dice il ministro, «eravamo tutti informati dei termini precisi» dell’operazione. Ma fonti del ministero dei diritti sociali hanno immediatamente smentito ai media quanto dichiarato dal ministro: «Marlaska non ha mai contattato Ione Belarra in nessun modo durante questa crisi». Anche l’area minori di Ceuta, che esercitava la tutela temporanea di questi giovani, non era stata informata dell’operazione neppure dallo stesso governo della città di Ceuta (a guida Pp), e sempre ieri ha inviato un esposto alla magistratura «per evitare la violazione dei diritti del resto» dei bambini e adolescenti presenti sul territorio di Ceuta.

È dubbio pertanto anche che, come ha detto il ministro, «si sta applicando la legge» e che «i minori volevano tornare al proprio paese». Tant’è così che lo stesso giudice dei minori aveva chiesto lumi al governo sabato scorso sulle «misure adottate per garantire il rispetto dei diritti», sui «provvedimenti individuali relativi a ciascun minore», se ciascuno di loro «è stato ascoltato» e se «era stato comunicato ciascun provvedimento al giudice», come prevede la legge.

A conferma che il ministro si è solo basato su un accordo firmato fra Spagna e Marocco nel 2007, mai utilizzato finora, contro la cui applicazione si erano già scagliate la settimana scorsa Save the Children e Amnesty International perché contrario alla legislazione nazionale e internazionale di tutela dei minori. È certo invece che né il governo di Ceuta e tantomeno il ministero degli interni si sono occupati di dare una degna sistemazione a queste centinaia di persone che al momento si trovano ammucchiate in un centro sportivo e in moduli prefabbricati alla periferia della città, esposti alle temperature tropicali di questi giorni.

Ma il sistema di accoglienza dei minori in Spagna è ai piedi di Pilato da tempo, come ha certificato l’Unicef in un rapporto del 28 luglio: l’arrivo di minori non accompagnati in massa non è avvenuto solo a Ceuta, ma da mesi investe anche le isole Canarie, rotta ormai molto frequentata (nonostante la pericolosità). Lì negli ultimi mesi sono arrivate frotte di migranti che il governo ha mal gestito. Fra loro a oggi ci sono 2.500 presunti minori, di cui solo 400 sono stati scolarizzati. «Manca moltissimo per ottenere che finiscano le violazioni dei diritti di cui soffre l’infanzia migrante», ha detto in quell’occasione il presidente di Unicef Spagna, Gustavo Suárez.