«Sono favorevole alla soluzione dei due Stati e al riconoscimento di uno Stato palestinese». E ancora: «La cosa migliore sarebbe un approccio coordinato con i membri dell’Ue e i paesi terzi, in modo da poter avere un’influenza».

Il presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel, interviene con un’intervista a Euronews alla fine di una giornata che ha segnato un passaggio chiave nelle relazioni diplomatiche con il Medio Oriente. Per adesso l’«approccio coordinato» auspicato da Michel è di là da venire.

Ma ieri, come annunciato, tre paesi europei, due dei quali appartenenti all’Ue (Norvegia, Spagna e Irlanda) hanno formalmente riconosciuto lo stato palestinese rinnovando l’ira di Israele: «Hanno scelto di cooperare con i terroristi e di alimentare il mostro del terrore», ha affermato il ministro degli esteri israeliano Katz. Già solo l’annuncio del passo diplomatico aveva provocato la dura reazione di Tel Aviv, che l’aveva bollata come «ricompensa» per gli attacchi terroristici di Hamas, richiamato i propri ambasciatori per consultazioni. Ma le tre capitali non sono sole: si preparano a riconoscere la Palestina nelle prossime settimane Slovenia e Malta.

Ieri da Parigi ha parlato Macron smentendo aperture il riconoscimento deve «giungere al momento opportuno, (…) parte di un processo in cui sono impegnati gli Stati della regione e Israele».

Sono ormai 146 su 193 i membri Onu che riconoscono la Palestina come stato, con Barbados, Giamaica, Trinidad e Tobago e Bahamas aggiuntesi nell’ultimo mese. Quanto all’Ue, la Svezia aveva dato l’ok nel 2014, mentre sei paesi (Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania) riconoscevano la Palestina prima dell’ingresso nell’Unione. In aggiunta, nel Consiglio Ue di lunedì a Bruxelles, all’indomani della strage di Rafah, i 27 ministri degli esteri dell’Unione si sono impegnati per la prima volta in una discussione «significativa» riguardo alle sanzioni a Israele se non rispetta il diritto internazionale umanitario. «C’è stato un consenso molto chiaro sulla necessità di sostenere le istituzioni giuridiche umanitarie internazionali», aveva dichiarato a margine del vertice il ministro degli esteri irlandese Micheal Martin. Eppure, ancora una volta, è difficile pensare a un passo unitario di Bruxelles, finché alcuni governi – primo fra tutti Budapest – continuano a sostenere le politiche di Netanyahu.