Il prezzo del gas sta scendendo ed è tornato ai minimi dal 2021. Ieri sul mercato virtuale Ttf (Title Transfer Facility) della borsa di Amsterdam il suo valore si aggirava attorno ai 31,3 euro al Megawatt-ora, lo stesso livello di novembre 2021, prima dell’inizio della crisi energetica innescata dal conflitto tra Russia e Ucraina. Tuttavia la prossima bolletta del gas potrebbe aumentare: 207 euro in più nel 2024, secondo una stima dell’Unione Nazionale Consumatori, 242 per il Codacons.

NON È UN MISTERO. L’aumento, infatti, è dovuto principalmente al fatto che il governo Meloni ha eliminato il taglio dell’Iva al 5% e ha ripristinato gli oneri di sistema che sono serviti a calmierare i costi delle bollette. Decisa dal governo Draghi, questa misura ha permesso di calmierare in maniera artificiale, a spese dei contribuenti, i costi per i cittadini. Così ha protetto gli «extra-profitti» realizzati da produttori e distributori di energia. Il governo non ha deciso di tagliare la misura per un capriccio, come ancora ieri si è sentito da parte dell’opposizione, ma perché risponde a pressanti richieste da parte della Commissione Europea di ritagliare, in maniera mirata, bonus e agevolazioni che possono alterare il mercato e la concorrenza.

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PASSATA L’EMERGENZA, perché nel frattempo sono stati creati canali di approvvigionamento diversi da quelli russi, allora si può tornare alla normalità. Ma il problema è la normalità di un mercato, quello dell’energia, che continua a funzionare nello stesso modo in cui funzionava prima della guerra in Ucraina, quando è iniziata l’escalation dei prezzi dovuta a un mercato finanziarizzato in cui sono stati eliminati i controlli e la vigilanza necessari per garantire l’utilità sociale del gas e dell’elettricità. L’emergenza, dunque, è un mercato che non funziona più sulla base della domanda e dell’offerta, ma sui «futures», contratti tipici nei mercati finanziari delle materie prime.

A QUESTA SITUAZIONE si aggiunge, oggi, il passaggio dal mercato tutelato al mercato libero del gas. Quello per l’elettricità avverrà da luglio. Sono gli esiti di una decisione presa, tra le polemiche e dopo diversi rinvii, dal governo Meloni il 28 novembre scorso in applicazione ad una delle numerose condizioni per ottenere i fondi europei del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr) accettata da quasi tutti i partiti che hanno governato in questi anni, ma non da quello di Giorgia Meloni che però lo ha accettato quando si è ritrovata a Palazzo Chigi. L’esecutivo avrebbe potuto ritardare l’avvio del mercato del libero, con una nuova proroga, ma non l’ha fatto. E comunque non avrebbe rimosso il problema.

LE ASSOCIAZIONI dei consumatori ieri si sono scatenate nel dimostrare che, comunque, ad oggi, le offerte sul mercato libero del gas non sono in gran parte convenienti. Le hanno calcolate sul comparatore pubblicato sul sito di Arera e sostengono che i contratti a prezzo fisso sono sensibilmente più costosi rispetto alle tariffe praticate agli utenti “vulnerabili”, quelli cioè che rimarranno nel regime di maggior tutela.

PER L’UNIONE Nazionale Consumatori a Roma, per il gas, ci sono appena 3 offerte del mercato libero più convenienti sia della «Placet» (prezzo libero a condizione equiparate di tutela) che della vulnerabilità su un totale di 458 offerte, lo 0,66%. Anche a Milano sono solo 3 su 479 offerte, appena lo 0,63%. Per Assoutenti, a Roma, la migliore offerta prevederebbe una bolletta media annua del gas da 2.045 euro. A Catanzaro la bolletta media sarebbe da 2.032 euro, a Palermo 2.024 euro. La città migliore sarebbe Milano con 1.816 euro, meno 229 euro rispetto a Roma. Il centro-sud sarebbe dunque il più penalizzato in questa fase.

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QUESTA È UNA STORIA anche di lavoro. Quello di 1500 impiegati nei servizi di call center addetti all’assistenza clienti a Torino, Taranto, Palermo, Catanzaro, Catania, L’Aquila e La Spezia. Rischiano di perdere il lavoro perché il «Dl energia» ha rimosso una clausola di salvaguardia che garantisce ai lavoratori dai cambi di appalto la continuità delle condizioni economiche e contrattuali.

I SINDACATI Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, hanno scioperato il 20 dicembre, non hanno ricevuto risposte. Al posto degli addetti potrebbero essere assunte persone con meno diritti. È la coda lunga di una stagione che non ha solo finanziarizzato il mercato dell’energia, ma ha anche precarizzato chi lavora in questo campo.