In Venezuela, l’opposizione avanza a testa bassa contro le istituzioni. Forte di un’ampia maggioranza in Parlamento, ottenuta alle legislative del 6 Dicembre scorso, l’alleanza Mud (dal centro-sinistra della IV Repubblica all’estrema destra), ha votato una legge per accorciare il mandato presidenziale da 6 a 4 anni, con effetto retroattivo.

Un mostro giuridico, secondo diversi costituzionalisti, guidato da una pervicace ossessione: liberarsi del presidente Nicolas Maduro senza seguire la procedura sancita dalla legge. La costituzione prevede infatti la possibilità di revoca a metà mandato di ogni carica eletta, previo referendum. Maduro è stato eletto nell’aprile del 2013, dopo la morte di Chavez (il 5 marzo), per governare fino al 2019.
Ora è dunque già a metà mandato e la raccolta di firme può cominciare. Le destre, però, hanno fretta di azzerare le conquiste sociali (nonostante la crisi, oltre il 70% delle entrate vengono destinate ai meno favoriti), e tornare al neoliberismo promesso in campagna elettorale. Il presidente del Parlamento, Ramos Allup, ha persino protestato per il tempestivo invio di aiuti umanitari ai terremotati dell’Ecuador deciso dal governo, che a Quito ha assunto la presidenza pro-tempore della Unasur.

Diversi deputati della Mud si sono incatenati nell’edificio del Consejo Nacional Electoral (Cne) e sono stati sgomberati dalla polizia. Poi, hanno convocato una mobilitazione nazionale per il 27: minacciando di riattivare le guarimbas, le tecniche di violenza di piazza che, nel 2014, hanno provocato 43 morti e oltre 800 feriti con la stessa consegna: cacciare con la forza l’insopportabile operaio del metro, Nicolas Maduro.