Percorrendo la statale 96, tra i centri popolosi di Altamura e Gravina di Puglia, in pieno Parco Nazionale dell’Alta Murgia, ci si imbatte in un inusitato e inconsueto paesaggio fatto di resti di pietre, costruzioni diroccate incastonate nell’originale e unico paesaggio murgiano, torrette, altane, filo spinato ed altro, segni che rimandano al passato recente, ormai quasi del tutto ignorato dalle popolazioni circostanti. Eppure questo luogo insieme ad altri dell’Alta Murgia (Campo di prigionia di Casale della Prima Guerra Mondiale e le 10 ex basi missilistiche dotate di potenti testate nucleari, i missili ‘Jupiter,’installate tra il 1959 e il 1962 puntate verso l’Unione Sovietica) trasudano storia di tutto rispetto del secolo scorso. Migliaia di militari, soldati, partigiani/e, profughi/e, gente del luogo hanno tracciato gli eventi bellici e politici tra il 1941 e il 1962.

Questi 30 ettari sono stato sottratti alla speculazione edilizia tra la fine degli anni Ottanta e Novanta dall’iniziativa di alcune associazioni pugliesi (Centro Studi Torre di Nebbia, Comitati Alta Murgia oltre che da Peacelink di Taranto e dall’Osservatorio sui Balcani di Brindisi) che dal basso avevano promosso un progetto di un “Parco della pace” che doveva comprendere, oltre alle zone murgiane, altre aree ex militari di Taranto e di Brindisi. Il progetto non andò in porto ma rese possibile al Comune di Altamura di far valere il diritto di prelazione e procedere all’acquisizione dell’area. Nel 2017 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha dichiarato il sito “bene di interesse culturale particolarmente importante”.

Baracche e militari internati del campo di concentramento numero 65 Altamura. Gravina di Puglia, International Committee of the Red Cross. Audiovisual Archives,,[object Object],1942

Ma andiamo con ordine. Nel 1942 viene istituito un nuovo campo militare, il Campo P.G. 65, comprendente 81 edifici (21 appartenenti all’avancampo e ben 60 riservati ai prigionieri) che ospitano migliaia prigionieri di guerra provenienti dal Nord Africa, il più grande campo di prigionieri di guerra italiano della Seconda Guerra Mondiale, che nella sua capienza massima poteva ospitare 12.000 prigionieri. Nei successivi due anni, ragazzi provenienti da diverse parti del mondo (inglesi, australiani, marocchini, neozelandesi, sudafricani, indiani, arabi, ciprioti, palestinesi, maltesi, egiziani, americani, francesi, algerini, greci, jugoslavi, polacchi, lussemburghesi, albanesi) condurranno in quel luogo una vita grama soffrendo la mancanza di cibo, di acqua e di igiene. In queste condizioni drammatiche, i prigionieri furono capaci di reinventarsi un’esistenza “umana” praticando l’economia del baratto, organizzando spettacoli, facendo ricorso allo strumento comunicativo per eccellenza, la “musica”, attraverso vere e proprie band, praticando gli sport, basket, pallavolo e pugilato in particolare.

Nell’autunno del 1943 il campo viene evacuato e rioccupato dalle truppe alleate che lo destinarono all’addestramento dei partigiani jugoslavi: uomini e donne destinati a combattere i nazisti nei Balcani, le note “Brigate d’Oltremare”. Nel novembre 1950 il campo viene ceduto al Ministero dell’Interno che lo trasforma in un centro di raccolta profughi provenienti dalla Venezia Giulia, dalla costa Dalmata, dall’Africa, dall’Egeo. Da ricerche effettuate transitarono nella struttura “inospitale” 1.200 esuli. Il 16 agosto il campo viene definitivamente chiuso.

Squadra di basket dei prigionieri di guerra presso il campo di concentramento numero 65 Altamura – Gravina in Puglia. International Committee of the Red Cross. Audiovisual Archives, 1942

Dopo anni di oblio, due anni fa, per merito della neonata Associazione Campo 65 e del suo presidente in particolare, l’attenzione sul sito riprende vigore, grazie all’interesse che suscita fuori dai confini nazionali. I figli e i nipoti dei prigionieri sempre più numerosi, attraverso i social e la rete, condividono non solo diari, memorie, fotografie ma numerosi vengono a visitare ciò che resta del campo in cui i loro padri o nonni avevano vissuto le atrocità del secondo conflitto mondiale. Sotto questa spinta, alimentata dalla passione di un manipolo di studiosi, ricercatori, insegnanti e dalla vastità delle fonti raccolte nei maggiori archivi europei, è iniziata una intensa opera di ricerca e ricostruzione di quegli anni (‘42 -’43 in particolare) cercando di praticare un approccio che stimolasse la partecipazione soprattutto dei più giovani. Da subito si è coinvolto il mondo della scuola (i due licei locali, il Classico e lo Scientifico) al fine di non confinare questo immenso e importante patrimonio nelle mani dei soliti addetti ai lavori.

Nel frattempo, quasi contestualmente, la Regione Puglia emanava un Bando messo a punto dal consigliere regionale Enzo Colonna dal titolo significativo “I Luoghi e Archivi della Memoria”. Per la prima volta sono stati finanziati (anche se con cifre ancora modeste) progetti rivolti ai Comuni e alle Fondazioni che intendono promuovere la conoscenza, la tutela, la fruizione dei luoghi che in epoca contemporanea sono stati teatro di vicende di grande rilievo storico tanto da essere considerati ormai patrimonio culturale e identitario. La sindaca di Altamura Rosa Melodia, che guida una giunta di centrosinistra, e l’assessore alle Culture Nino Perrone hanno preso la palla al balzo, istituendo un comitato tecnico di cui fanno parte, tra gli altri, la Soprintendenza, l’Università di Foggia e la stessa l’Associazione Campo 65. Il comitato ha elaborato un progetto così’ articolato: la messa in sicurezza del sito con i più urgenti interventi, la produzione di una prima pubblicazione su Campo 65, l’allestimento di una mostra e di una Piattaforma online che raccolga i più disparati materiali.

Siamo ancora agli inizi e molta strada resta da percorrere se ci si rapporta ad altre esperienze consolidate nel tempo in Italia e in Europa (Fossoli e Sandbostel per citarne alcuni). Ma è indispensabile rendere al più presto fruibile questo “luogo della memoria” che va riconsegnato alla comunità locale, nazionale e internazionale, recuperando lo spirito della pregnante definizione che Pierre Nora, noto esponente della tradizione storica delle Annales, coniava già nel 1992: «una unità significativa, d’ordine materiale o ideale, che la volontà degli uomini o il lavorio del tempo ha reso un elemento simbolico di una qualche comunità. […] Il luogo della memoria ha come scopo fornire al visitatore, al passante, il quadro autentico e concreto di un fatto storico. Rende visibile ciò che non lo è: la storia».

L’autore è docente di storia

2 settembre 2020: SUONI DELLA MURGIA – ASSOCIAZIONE CAMPO 65 “2 Settembre CAMPO 65 – ALTAMURA ORE 18.00 IL CAMPO PARLANTE, Memorie e visioni di un Campo di Prigionia”