L’iceberg di manipolazioni, fake news e inquinamento delle elezioni legato a Cambridge Analytica ha appena iniziato a mostrare le sue dimensioni: Lo scorso 4 aprile Facebook ha ammesso che i dati personali «rubati» da Cambridge Analytica riguardavano 87 milioni e non 50 milioni di persone, come affermato in precedenza. Se si pensa che nel novembre 2016 votarono 138 milioni di americani, questo significa che quasi due terzi degli elettori furono in qualche modo esposti alle manipolazioni di Stephen Bannon e dei suoi sponsor, i proprietari di Cambridge Analytica, di cui diremo tra un attimo.

Gli studi sulle elezioni del 2016 hanno dimostrato che un fattore chiave nella sconfitta di Hillary Clinton fu la defezione di molti elettori che nel 2008 e nel 2012 avevano votato per Barack Obama e nel 2016 decisero invece di sostenere Donald Trump. Per quale motivo? Una recente analisi fatta da un gruppo di ricercatori di Princeton ha accertato che le notizie dimostrabilmente false circolate nella campagna elettorale costituivano solo il 2,6% del consumo di notizie dell’elettore medio.

Sembrerebbe poco ma, in realtà, almeno tre notizie risultarono credibili per gruppi di elettori che avevano votato Obama nel 2012: il 20% di loro era convinto che probabilmente Clinton «aveva approvato la vendita di armi all’Isis», il 12% era sicuro che la salute della candidata democratica fosse così precaria da impedirle di svolgere il ruolo di presidente e l’8% credeva fermamente che Papa Francesco avesse dichiarato il suo sostegno a Trump. Nel gruppo di elettori che credevano ad almeno una di queste fake news appena il 45% votò per Clinton, contro il 90% di coloro che non ci avevano creduto. Su scala nazionale, sono lì i milioni di voti mancati a Hillary per vincere le elezioni.

Naturalmente, le false notizie erano solo uno dei problemi della candidatura di Hillary, che molti elettori democratici non votarono per la vaghezza dei suoi programmi, perché avevano sostenuto Bernie Sanders, perché ne diffidavano come persona. Nella mente di chi vota ci sono sempre una varietà di ragioni per effetuare la scelta, ed è perfettamente possibile che gli elettori delusi dal secondo mandato di Obama abbiano «razionalizzato» la loro decisione di votare comunque per Trump decidendo di credere alle false notizie su Hillary.

Tuttavia, la candidata democratica, su scala nazionale raccolse quasi tre milioni di voti più di Trump e che la sua sconfitta fu dovuta, in realtà, unicamente alla vittoria del candidato repubblicano in tre stati: Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, il che fece attribuire a Trump tutti i voti dei delegati nel collegio elettorale che sono quelli che effettivamente eleggono il presidente (non si finirà mai di precisare che negli Stati uniti quella per la presidenza è una elezione di secondo grado).

Ora, in questi tre stati, Trump prevalse per poche migliaia di voti: precisamente lo 0,2% in Michigan, lo 0,7% in Pennsylvania e Wisconsin. Da un’analisi del Washington Post, Clinton avrebbe ottenuto circa il 2,2% di voti in più in questi tre stati se non fosse stato per quel gruppo di elettori che avevano creduto alle false notizie diffuse da Facebook, vincendo tranquillamente le elezioni.

Questo scenario ci fa capire che Cambridge Analytica non è mai stata un’innocua organizzazione di analisi e sfruttamento dei dati: fin dall’inizio è stata concepita dai due proprietari, Robert Mercer e sua figlia Rebekah, come una macchina da guerra per vincere le elezioni: i Mercer non fanno mistero delle loro idee di estrema destra e, come abbiamo visto negli articoli precedenti, avevano già sperimentato le tecniche poi usate negli Stati Uniti in molti paesi, tra cui Nigeria e in Gran Bretagna. Non si accontentano di essere miliardari ma vogliono governare, esattamente come i fratelli Koch, i veri «proprietari» del partito repubblicano.

Il caso Facebook, quindi, non riguarda i dati personali da «proteggere»: l’azienda di Zuckerberg raccoglie dati per venderli, quindi è ovvio che lo faccia al miglior offerente. Piuttosto, occorrerebbe concentrarsi sui modi per impedire agli oligarchi americani di manipolare a loro vantaggio i processi democratici.

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