È di nuovo allarme nei call center: sono a rischio in questi giorni almeno 3 mila posti in tutta Italia, in particolare a Palermo e in Calabria. La luce rossa è stata accesa ieri dalla Cgil, che ha segnalato in particolare i casi di Infocontact (1800 in pericolo) e Almaviva (1300), senza contare i 375 operatori palermitani di 4U senza stipendio da tre mesi. Un’emergenza che vede almeno due grandi gruppi protagonisti, molto noti: la Wind, con la messa a gara di due commesse, e la romana Almaviva, la più grossa azienda di outsourcing in Italia. Quest’ultima impresa, minacciando di delocalizzare all’estero (nonostante si sia impegnata in passato a non farlo), ha messo i suoi dipendenti siciliani davanti a un aut aut: o accettano di tagliare il costo del lavoro del 10%, sostanzialmente derogando rispetto ai minimi da contratto nazionale, o partiranno gli esuberi.

Addio al contratto nazionale?

Se passasse a Palermo la richiesta di Almaviva, sarebbe un precedente per tutte le altre imprese, e darebbe la stura a una serie infinita di ribassi a catena: «Sarebbe la prima volta che si deroga ai minimi di un contratto nazionale, almeno in questo settore – dice Rosalba Vella, Rsu Slc Cgil e in segreteria provinciale – Non possiamo accettarlo: siamo disponibili a trovare per altra via, agendo ad esempio sulla produttività, una possibilità per rendere competitiva l’azienda e fare in modo che resti in Italia».

I fatti sono questi. Wind ha messo a gara una commessa, gestita finora da 1300 operatori Almaviva, inaugurando un nuovo metodo: niente più trattativa privata con il vecchio assegnatario, per rinnovare la commessa, ma appunto una gara aperta a tutti. Anche all’estero: infatti, fa notare la Cgil, il bando è scritto per la prima volta anche in inglese. «Quel lavoro potrebbe andare in Albania, in Tunisia o in Romania – spiega Vella – e qui si aprirebbero 1300 esuberi, che si andrebbero a sommare ad altri 2 mila di Almaviva in tutta Italia. Ma anche se riuscissimo ad avere la commessa, Almaviva ci ha già detto che non ci starebbe con i costi, e che non potrebbe adibirvi tutto il personale». Altri esuberi, dunque.

A meno che i sindacati non accettino di ridurre del 10% il costo del lavoro. «Che da noi – spiega l’Rsu Slc Cgil – visto che non abbiamo un integrativo, non vorrebbe dire altro che derogare ai minimi da contratto nazionale, in forza dell’articolo 8. Ma siamo già per la gran parte part-time, con 600 euro al mese. Ci vogliono far arrivare alla schiavitù?».

In effetti. E non basta ancora, perché sono a rischio ulteriori 1000 posti, questa volta dei cocoprò addetti all’outbound, in quanto Almaviva ha minacciato di delocalizzare pure quelli. Il tutto, se il governo non accetterà di venire incontro ai gruppi di call center: tra le richieste delle imprese – condivisa anche dal sindacato – c’è la piena applicazione dell’articolo 24 bis del Decreto Sviluppo del 2012. In poche parole, si chiede che gli operatori dichiarino sempre ai clienti, all’inizio di ogni telefonata, che c’è la possibilità che i loro dati vengano trattati da un’azienda estera, e lascino la possibilità di proseguire o invece di accedere a un servizio localizzato in Italia. «Sono regole che tutti gli operatori violano – conclude Vella, della Cgil – Il ministero dello Sviluppo su nostro sollecito ha fatto un monitoraggio sull’applicazione del 24 bis, e all’incontro del 15 gennaio ci darà i risultati».

Altri appuntamenti chiave: il 19 gennaio Wind deciderà a chi assegnare la commessa, e il 23 si terrà un altro incontro con Almaviva.

#1800senzafuturo

Un hashtag è partito dalla Calabria, per segnalare l’emergenza di Infocontact: #1800senzafuturo, perché il destino di 1800 famiglie, che lavorano nelle sedi di Lamezia Terme, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia è legato a una commessa Wind. Anche questa scaduta, e adesso in assegnazione: «Wind ha rimesso a gara tutte le sue attività ma Infocontact non è tra le aziende ammesse a partecipare al bando di gara – spiega Daniele Carchidi, Slc Cgil Calabria – Chiediamo con urgenza la convocazione del tavolo aperto presso il ministero dello Sviluppo e contemporaneamente chiediamo un incontro con i vertici Wind affinché chiariscano quali sono le loro intenzioni».

Un problema che si potrebbe affrontare più serenamente se il governo accogliesse un’altra richiesta che i sindacati avanzano da mesi: introdurre una clausola di garanzia dei posti di lavoro nei passaggi di appalto, come già accade in altri settori. Ma Renzi per il momento è sordo.