La raffineria di petrolio della Saras, sul braccio del Golfo degli Angeli che fronteggia Cagliari, è la più grande del Mediterraneo. E’ di proprietà dei Moratti, che sono sbarcati in Sardegna nel 1966. Per l’esattezza, la società fu fondata il 24 maggio 1962 da Angelo Moratti; gli impianti furono e inaugurati il 16 giugno 1966 da Giulio Andreotti, allora ministro dell’industria.

ERANO, nell’isola, gli anni del Piano di rinascita: un fiume di soldi pubblici che sovvenzionava progetti di investimento privati con l’obiettivo di procedere a una industrializzazione a tappe forzate dell’economia regionale. Come per altre aree del Sud, la scelta fu quella di puntare sull’industria chimica, altamente inquinante. Insieme con la società della famiglia Moratti in Sardegna arrivò anche, a Porto Torres, la Sir di Angelo Rovelli.

OGGI LA SARAS (presidente Massimo Moratti, amministratore delegato Dario Scaffardi) ha un fatturato di 10,397 miliardi di euro con un utile netto di 140 milioni e circa 1800 dipendenti. Nel 2001 il gruppo Saras ha intrapreso anche l’attività di produzione e vendita di energia elettrica, con un impianto da 575 megawatt che utilizza i prodotti pesanti della raffinazione del petrolio, contribuendo per una cifra altissima, il 47,4 per cento, al fabbisogno energetico della Sardegna. Un colosso, insomma. Un gigante della raffinazione e dell’energia la cui attività ha sul territorio un impatto molto pesante, con rischi di inquinamento delle acque, dei terreni e dell’aria e con conseguenze serie sulla salute, a cominciare da quella dei 5.170 abitanti del comune di Sarroch, entro i cui confini lo stabilimento dei Moratti è compreso.

PERICOLOSITÀ che ancora una volta viene ora segnalata dagli ambientalisti. Un gruppo di associazioni (Donne Ambiente, Società della cura, Sardegna Pulita, Wilpf Italia, Confederazione del sociale) ha inviato una lettera al ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, per denunciare la gravità della situazione. E stamattina a Roma, davanti alla sede del dicastero, daranno vita a un sit-in di protesta.

“PREOCCUPA, signor ministro, il suo silenzio sulla Saras – si legge nel testo – un mostro climatico che sversa oltre sei milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica e circa 170 mila tonnellate/anno di inquinanti derivanti dalle sue attività di raffinazione del petrolio e di produzione di energia. Un’indagine epidemiologica su 75 bambini di Sarroch (pubblicata nel 2013 dalla rivista Mutagenesis dell’università di Oxford e acquisita dalla procura della Repubblica di Cagliari) ha accertato effetti patogeni prodotti dal benzene, con alterazioni rilevanti del dna dei soggetti presi in esame e conseguente rischio di malattie tumorali. Non si può continuare a fare finta di niente. Affrontare il cambiamento climatico impone scelte coraggiose, compresa quella di intervenire su realtà come la Saras. Ma non risulta che né lei, signor ministro, né il governo di cui lei fa parte vi siate posti minimamente il problema”.

A CINGOLANI gli ambientalisti chiedono di promuovere, insieme con il ministero della salute, una seria indagine epidemiologica, di istituire un registro dei tumori come in altre realtà industriali ad alto tasso di inquinamento, di avviare un monitoraggio delle acque, dell’aria, dei terreni e delle produzioni agroalimentari per verificarne il livello di contaminazione, di predisporre un piano di emergenza, al momento inesistente, da attivare in caso di incidenti agli impianti.

MA LA LETTERA degli ambientalisti richiama l’attenzione anche su un altro tema all’ordine del giorno in Sardegna: la costruzione da parte della Snam di un rigassificatore a Portoscuso, sulla costa sud occidentale della regione, legata al progetto della stessa Snam di costruzione di una dorsale per il trasporto di gas metano, un grande tubo che dovrebbe attraversare l’intera isola.

IL MOVIMENTO ambientalista sardo, contrario alla dorsale e alla scelta del metano come fonte di energia su cui puntare come tappa intermedia verso le rinnovabili, chiede invece che ci si orienti da subito, senza esitazioni e senza compromessi, in direzione dell’eolico e del solare. In più a Portoscuso ci sono evidenti ragioni di sicurezza. “Non intervenite sulla Saras – si legge nella lettera inviata a Cingolani – e invece proponete la follia del rigassificatore della Snam tra i moli di Portoscuso, vicino a impianti industriali ad alto rischio, con a fianco il transito dei traghetti turistici, a poche centinaia di metri dal centro abitato”. “Se si continuerà a puntare – conclude la lettera – su cicli produttivi di questo tipo, legati al petrolio come a Sarroch o al metano come a Portoscuso, non ci sarà alcuna transizione ecologica, non ci sarà futuro. Il tempo è scaduto. Al pianeta serve un nuovo modello di civiltà”.