Riempire il teatro Coliseo di Buenos Aires – 1.800 posti di proprietà dello stato italiano – non è facile il lunedì pomeriggio. Lunedì 26 settembre Maria Elena Boschi ha iniziato il suo comizio per il Sì al referendum alle 18.30. Sul palco con lei c’era l’ambasciatrice italiana Teresa Castaldo. La ministra delle riforme l’ha subito, e «sentitamente» ringraziata, «per aver organizzato questo incontro».

Boschi ha ringraziato anche il console generale. Nei giorni precedenti, dalla segreteria del consolato erano partite lettere e telefonate di invito. Alla fine nel teatro c’erano quasi mille persone. Platea piena, gallerie vuote. E la ministra, dietro lo stemma della Repubblica italiana, ha spiegato con i consueti argomenti – «non ci saranno altre opportunità per avere un paese che funziona meglio» – come bisogna regolarsi al referendum. Del resto «sarei ipocrita se non vi chiedessi di votare Sì».

A Buenos Aires vivono circa 400mila elettori italiani. «Più che a Bologna», notò una volta Renzi. La ministra è stata in Argentina due giorni, ieri è partita per l’Uruguay, chiuderà il viaggio in Brasile. In Italia c’è stata una polemica per i costi del viaggio. Ieri gli uffici del ministero hanno potuto replicare che il tour è costato solo 12mila euro per tutta la delegazione, e Boschi ha viaggiato in classe economica (c’è chi dice malignamente perché ha prenotato tardi e la business era esaurita). Il punto però, come il manifesto aveva scritto ieri, non sono tanto i costi. Ma l’uso di parte delle rappresentanze diplomatiche italiane. In appoggio a una manifestazione per il Sì, e non solo all’attività diplomatica della ministra.

Nelle email partita dal consolato di Buenos Aires a tutte le (tantissime) associazioni italo-argentine si raccomandava di arrivare al teatro in anticipo sull’orario. L’incontro con la comunità italiana, ha spiegato ieri l’ufficio stampa della ministra, non è un’iniziativa di partito. È stata però inequivocabilmente l’occasione per un comizio ministeriale per il Sì. E per esaltare «il nuovo modo di fare politica» del governo Renzi, con tanto di narrazione in rosa su Jobs act e altre riforme. L’ambasciatrice Castaldo ha ascoltato la ministra restando alla sua sinistra, sul palco, seduta. Al termine ha ricevuto anche lei un mazzo di fiori. Curiosamente all’iniziativa non ha partecipato il partito democratico di Buenos Aires, in maggioranza schierato per il No al referendum (situazione identica anche a Montevideo). Qualcosa non ha funzionato alla perfezione nell’organizzazione del viaggio della ministra, tant’è vero che lunedì a Buenos Aires c’era la coreografia tricolore, c’era il coro della scuola Cristoforo Colombo ma non era stato coinvolto il Maie che ha eletto tre parlamentari, peraltro schierati per il Sì, e a Buenos Aires ha raccolto il 50% dei voti.

Sull’appoggio dell’ambasciata alla campagna per il Sì il senatore De Cristofaro di Sinistra italiana ha annunciato ieri un’interrogazione urgente al ministro degli esteri. Il partito aveva già denunciato un altro episodio che coinvolge questa volta l’ambasciatore italiano in Canada Gian Lorenzo Cornado, la cui presenza a un’iniziativa per il Sì del circolo Pd di Toronto, il prossimo 3 ottobre, è annunciata addirittura sui manifesti.