L’Iran libera anche i detenuti politici. Tra loro Nazanin

«Circa 85mila prigionieri sono stati rilasciati e nelle carceri sono state prese precauzioni per affrontare il contagio». Così martedì il portavoce del sistema giudiziario iraniano ha annunciato l’incremento del numero di detenuti temporaneamente liberari. «Il 50% sono prigionieri relativi alla sicurezza», ha aggiunto. Ovvero prigionieri politici.

A essere rilasciati (non si sa se a tempo o in via definitiva) chi sconta meno di cinque anni ma non i condannati per proteste contro il governo. Secondo attivisti locali nei giorni scorsi sarebbero stati scarcerati una decina di detenuti politici. Tra loro Nazanin Zaghari-Ratcliffe, cittadina britannica e iraniana arrestata nel 2016 con l’accusa di tentato golpe, mandata ai domiciliari a casa dei genitori a Teheran per due settimane con braccialetto elettronico. L’Iran è tra i paesi più colpiti: 17mila casi e 1.135 decessi.

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Il Cairo caccia un reporter e arresta quattro attiviste

Prosegue la politica del silenzio intorno al coronavirus in Egitto: ieri quattro note attiviste sono state arrestate per aver chiesto il ilascio dei detenuti politici a fronte del contagio nelle carceri: Mona Seif, sorella dell’attivista incarcerato Alaa Abdel Fattah, la madre accademica Laila Soueif, la sorella scrittrice Ahdaf Soueif e il professor Rabab el-Mahdy. Il Cairo ha poi revocato l’accredito a un giornalista del Guardian per aver «diffuso informazioni scorrette», fanno sapere i servizi segreti egiziani.

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Con due leggi Netanyahu tenta lo sgambetto a Gantz

Mentre il leader di Blu e Bianco, l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, è alle prese con l’incarico di formare un nuovo governo e guarda al possibile appoggio esterno della Lista araba unita, il Likud del premier Netanyahu tenta lo sgambetto: ieri ha presentato alla Knesset due disegni di legge per rompere la già difficile alleanza. Il primo chiede l’annessione definitiva della Valle del Giordano, nella Cisgiordania occupata; il secondo la pena di morte per i prigionieri politici palestinesi.

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In Nuova Zelanda l’aborto non è più reato, 44 anni dopo

Ci sono voluti 44 anni di campagne, ma alla fine le donne in Nuova Zelanda hanno vinto. Il parlamento ha approvato ieri la legge che depenalizza l’interruzione di gravidanza. Il ministro della giustizia, Andrew Little, ricordando che era la sola procedura medica a essere considerata un reato, ha annunciato la sua nuova classificazione: questione di salute. Prima l’aborto era ammesso solo in caso di incesto, disabilità mentale malformazione del feto o rischio per la madre. La pena: fino a 14 anni di carcere, sebbene non sia mai stata applicata.