Il Brasile mostra di voler guardare a un passato che si sperava remoto. È quanto si evince da una campagna per le elezioni politiche e presidenziali appena iniziata ma che già sembra precipitare nelle peggiori previsioni: che invece di scintille politiche sia caratterizzata dalla violenza e dal rumore delle sciabole.

Jair Bolsonaro, il 63enne politico (ex capitano) ferito gravemente a coltellate nel corso di un atto elettorale, è un difensore accanito della dittatura militare che resse il Brasile dal 1964 al 1985 e della «stabilità sociale» basata su repressione e torture. Con i suoi discorsi razzisti, machisti e sessuofobici, col suo incitamento alla vendita e all’uso di armi, ha fatto breccia soprattutto tra i giovani e ha raccolto – secondo le ultime inchieste – quasi il 22% delle intenzioni di voto. Rappresenta una destra radicale che guarda apertamente ai militari. Il «numero due» della sua campagna è Hamilton Mourão, un generale di 64 anni, sostenitore della dittatura brasiliana e ostinatamente critico (da destra) del governo. Al momento di entrare nella riserva, qualche mese fa, il generale aveva definito «un eroe» il colonnello che aveva guidato la repressione politica durante gli anni della dittatura e che il Tribunale di Giustzia aveva appena condannato come «torturatore».

L’ avversario «naturale» di Bolsonaro, l’ex presidente Lula – raccoglie il 39% dei favori dei votanti – è stato eliminato da una magistratura che di fatto si pone al servizio dei poteri forti, economici e militari, i quali, negli ultimi anni, non hanno nascosto la loro ostilità nei confronti di Lula e della politica del suo partito, il Pt. Facendo leva su una interpretazione assolutamente di parte dello stato di diritto – il rispetto della legge della «Fedina pultita» – giudici e politici del governo del presidente (golpista) Temer hanno creato una pericolosa contrapposizione tra diritti umani e democrazia. Hanno privato quasi metà dei cittadini della possibilità di votare per un candidato, che ai loro occhi rappresenta gli anni della bonanza economica e dell’emancipazione dall’estrema miseria di milioni di brasiliani. E che hanno diritto (secondo l’Onu) di sostenere Lula, visto che è stato condannato in modo indegno e comunque senza una sentenza definitiva.

La società brasiliana si trova da anni nella morsa di una recessione economica cui si sommano una classe politica paralizzata da innumerevoli processi per corruzione e un indice di violenza che non finisce di crescere. Una situazione che genera insicurezza e ansia e favorisce la richiesta di un potere forte. Così da mesi cresce la presenza dei militari nella vita civile.

Lo scorso gennaio, non riuscendo a mettere fine alla sanguinosa violenza quotidiana a Rio de Janeiro, il governo ha affidato ai militari il controllo della sicurezza dello Stato di Rio. Una misura estrema di debolezza della politica, che non ha precendenti dal ritorno della democrazia in Brasile nel 1986. Ma che non ha suscitato le proteste e le condanne che ci si sarebbe aspettati. Alla fine di agosto Temer ha inviato l’esercito a controllare lo stato di Roraima al confine col Venezuela, dove si erano verificati episodi di violenza contro emigranti venezuelani – peraltro incitati a emigrare e a «votare con i piedi» contro il governo del presidente Maduro proprio dalla politica e dalla propaganda del governo brasiliano.

Vi sono più di cento militari che partecipano a vari livelli delle elezioni politiche del 7 ottobre.

Bispo de Oliveira, l’uomo che ha ferito a coltellate Bolsonaro, ha dichiarato di aver agito «per motivi personali» . Ma molti media già si sono scatenati dipingendolo come un membro o un sostenitore del partito di sinistra Psol – i cui dirigenti hanno negato e hanno chiesto indagini serie. Lo scenario che si apre, a pochi giorni dalla decisione del Partito dei lavoratori di nominare Fernando Haddad come proprio candidato alle presidenziali, è dunque caratterizzato – come sostiene il professore dell’Università di San Paolo, Pablo Ortellado – da «un’estrema polarizzazione politica». Dato che i due principali candidati – Lula e Bolsonaro che rappresentano circa il 60% dei votanti – rischiano seriamente di essere esclusi dal voto, cresce il pericolo che si faccia sentire il rumore delle sciabole.