È una sconfitta del tutto inattesa quella riportata dal Movimiento al Socialismo alle elezioni regionali e municipali di domenica. Un appuntamento elettorale molto atteso sia dalla maggioranza, che cercava di consolidare le proprie posizioni dopo la vittoria del binomio Arce-Choquehuanca alle presidenziali del 18 ottobre scorso, sia da un’opposizione quanto mai frammentata ma decisa a rilanciarsi dopo la parentesi golpista, magari approfittando delle polemiche sorte tra i vertici del Mas e le organizzazioni di base attorno alla scelta delle candidature.

In base ai risultati preliminari, il Mas non avrebbe conquistato al primo turno nessuno dei nove dipartimenti del paese, contro i ben sei dell’opposizione, mentre si giocherebbe le sue restanti carte al ballottaggio dell’11 aprile a Cochabamba, a Pando e a Oruro.

Brucia in particolare la sconfitta nel dipartimento di Santa Cruz, conquistato al primo turno da Luis Fernando Camacho, tra i protagonisti indiscussi del golpe del 2019, il quale ha superato nettamente (55% contro 17%) la candidata del Mas Adriana Salvatierra, peraltro poco gradita a una parte della base, che non le ha mai perdonato di aver spianato la strada, con le sue dimissioni dalla presidenza del Senato al momento del golpe, all’autoproclamazione di Jeanine Áñez (solo terza in Beni con un misero 13,5%). E brucia altrettanto la sconfitta nelle più importanti – nonché storicamente ostiche per il Mas – capitali dipartimentali del paese: Santa Cruz (la capitale economica della Bolivia), La Paz (la sede del governo e del parlamento) e Cochabamba, dove a imporsi è stato Manfred Reyes Villa, già sindaco della città dal 1993 al 2000, due volte candidato presidenziale e oggetto di svariate denunce di corruzione, a cui era sfuggito rifugiandosi negli Stati uniti.

E ancor peggio è andata in uno dei principali bastioni del Mas, la città di El Alto, la seconda più popolata della Bolivia, dove a trionfare, dopo il suo addio al partito, è stata come previsto l’ex presidente del Senato Eva Copa, ora nelle fila del partito Jallalla La Paz del recentemente scomparso leader indigeno Felipe Quispe, el Mallku. Ma se a La Paz neppure la partecipazione alla campagna elettorale del presidente Arce è riuscita a scongiurare l’affermazione dell’ex ministro golpista Iván Arias, sicuramente evitabile, e dunque ben più amara, è la sconfitta a El Alto, dove, malgrado l’appoggio di oltre 60 organizzazioni alla candidatura a sindaca di Eva Copa, distintasi durante il difficile periodo del golpe, la scelta di Evo Morales era caduta su Zacarías Maquera, il quale ha ricevuto appena il 20% dei voti contro il 67% dell’avversaria.

A nulla sono dunque serviti i ripetuti attacchi mossi da settori del Mas alla ex presidente del Senato, accusata di aver negoziato con l’autoproclamata Áñez o addirittura di averla sostenuta.

Accuse quanto meno ingenerose, sia perché rivolte spesso e volentieri da chi, al momento del golpe, a differenza di lei, se l’era data a gambe, sia perché sono stati proprio i negoziati con il governo golpista a condurre alle elezioni che hanno riportato la democrazia nel paese.

«Non è una novità che la maggioranza subisca un calo alle elezioni locali», ha cercato di sdrammatizzare il presidente del Senato Andrónico Rodríguez. Ma, ha aggiunto, «queste elezioni esigono una riflessione e una rettifica rispetto agli errori commessi all’interno del Mas». Anche perché il rischio è che l’estrema destra miri ora a destabilizzare il governo Arce, e proprio nel momento in cui, grazie alle prime misure adottate dal presidente, si registra una certa ripresa dell’economia.