La base militare di Kolofata nel nord-ovest del Camerun è stata attaccata ieri dai miliziani di Boko Haram. Secondo quanto riportato ad Al Jazeera dal ministro della comunicazione e portavoce del governo del Camerun Issa Tchiroma, circa tra i 200 e i 300 combattenti di Boko Haram sarebbero stati uccisi durante il raid.

Citando fonti militari, Eugene Nforngwa, un giornalista del posto, ha riferito che un soldato camerunense del Rapid Response Battalion è stato ucciso e un altro ferito durante gli scontri. In un video postato su youtube, Abubakar Shekau, il presunto leader di Boko Haram aveva minacciato di intensificare le violenze – alla stessa stregua della Nigeria – dopo che il Camerun ha inviato aerei da guerra a sostegno della lotta agli integralisti nigeriani. L’attacco alla base militare camerunense segue quelli dello scorso fine settimana nel nord-est della Nigeria, dove sarebbero stati tre baby-kamikaze gli attentatori che hanno sparso il terrore (nel giro di pochi giorni dalla débâcle dell’importante città di Baga), a conferma di una nuova strategia che vede il coinvolgimento di donne e bambine tra le file degli integralisti di Boko Haram. Domenica 11, a indossare la cintura esplosiva e a farla esplodere sarebbero state due bambine di 10 anni.

L’esplosione ha scosso il mercato aperto di Kasuwar Jagwal, teatro già in passato di attacchi del gruppo sunnita jihadista islamico Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’Awati Wal-Jihad («People Committed to the Prophet’s Teachings for Propagation and Jihad») più comunemente noto nelle cronache come Boko Haram («Western education is forbidden»).

Tre le vittime tra i civili e circa 46 i feriti, riporta una fonte dell’ospedale di Potiskum. Il giorno prima un altro attacco mortale aveva colpito un affollato mercato a Maiduguri, la capitale dello Stato del Borno. Almeno 19 le vittime e 27 i feriti per mano, anche in questo caso, di una bambina di 10 anni. Entrambe le esplosioni, a Maiduguri e Potiskum, si sono verificate a ridosso del raid, una settimana prima, contro 16 villaggi sulle rive del Lago Ciad e della presa di Baga, importante centro commerciale di circa 10.000 abitanti e sede della Multi-National Joint Task Force (Mmjtf), la forza multinazionale composta da truppe della Nigeria, Ciad e Niger il cui quartier generale è anch’esso caduto nelle mani degli islamisti.

Non è la prima volta che Boko Haram impiega donne kamikaze nei suoi attacchi contro i civili. Ciò che risulta inquietante e senza precedenti questa volta è l’uso di baby-kamikaze costrette a indossare la cintura esplosiva sotto lo hijab, il tradizionale velo islamico. Nell’arco di circa 5 anni, a partire almeno dal 2009 – quando BokoHaram è emerso come una reale minaccia alla sicurezza del Paese – la politica in Nigeria sta perdendo terreno contro l’avanzata territoriale di un gruppo terroristico che rappresenta una minaccia anche per gli stati confinanti, come Niger, Camerun e Ciad già bersaglio di attacchi transfrontalieri.

Recentemente, il presidente del Camerun Paul Biya ha fatto appello all’aiuto della comunità internazionale contro quello che ha descritto come una setta parte di un movimento «globale», che ha attaccato il Mali, la Repubblica Centrafricana e la Somalia con l’intento di stabilire la sua autorità dall’Oceano Indiano all’Atlantico: «Una minaccia globale richiede una risposta globale». A cinque settimane dalle elezioni presidenziali nigeriane, il prossimo 14 febbraio (in lizza il presidente uscente Goodluck Jonathan per il partito al governo il People’s Democratic Party (Pdp) e il suo principale sfidante Muhammadu Buhari – già ex dittatore alla guida della Nigeria dal 1983 al 1985 – per il partito d’opposizione, l’All Progressives Congress) Boko Haram non manca di lanciare un forte segnale di natura evidentemente politica non solo a livello locale ma che vale da monito anche per gli altri paesi confinanti.