Ieri due incontri hanno segnato la giornata di tensione intorno alla Siria e al processo di ridefinizione di zone di influenza in Medio Oriente. Alla Casa bianca Trump incontrava l’emiro del Qatar al-Thani, a meno di un mese dal vertice con il suo arci-nemico, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman; nelle stesse ore il delfino dei Saud era accolto con tutti gli onori all’Eliseo dal presidente francese Macron.

Due dei pivot regionali vedevano i due promotori dell’attacco contro la Siria. E stringevano accordi: al-Thani ha portato a casa la vendita di 5mila missili per 300 milioni di dollari e (dopo aver speso milioni negli ultimi mesi per oliare lobbisti che perorassero la causa dell’emirato isolato dal resto del Golfo) l’investitura da parte Usa di partner strategico in Medio Oriente: guarda caso il Qatar ospita la più ampia base militare Usa, 10mila soldati, a poca distanza dalla Siria.

Bin Salman siglava con la Francia 20 accordi di cooperazione per un totale di 18 miliardi di dollari nel settore petrolchimico e aerospaziale. Ma soprattutto aderiva alla prossima impresa militare: durante la conferenza stampa con Macron, Bin Salman ha detto che Riyadh potrebbe prendere parte a raid contro Damasco: «Se la nostra alleanza con i nostri partner lo esige risponderemo presente».