Scena muta, ma che scena. Un’apparizione, come se fosse il papa, prima alla finestra, poi in mezzo al suo popolo – poche centinaia di fedelissimi. Sorriso stampato, truccato come in tv. Stringe le mani poi se le porta al cuore. Recita la sua parte da attore consumato per la prima volta senza proferire una parola. La scena del bagnetto di folla è servita. Sui tg anche poche decine di persone inquadrate come si deve sembrano una folla.

Per riuscire ad essere un attimo al cospetto di Silvio lo hanno aspettato per ore sotto il sole. Hanno ascoltato e cantato sette volte «Meno male che Silvio c’è». Si sono accalcati davanti al vialetto di casa sua in trepidante attesa di un comizio a domicilio che non c’è stato. Più telecamere che cristiani, ma comunque una degna rappresentanza di quelli che ancora adesso lo votano a milioni. Ecco il fighetto che sembra appena uscito dalla barca con le Tods e gli occhiali di Dolce&Gabbana, un altro ragazzo solitario che esplode solo per urlare decine di volte con lo sguardo invasato «Silvio non mollare mai». Accanto una signora del popolo che si è vestita a festa. E potrebbe essere di qualunque popolo. Sono arrivati intruppati sui pullman o hanno parcheggiato la jaguar nel vialetto a fianco. Ad ingannare l’attesa ci pensano salendo a turno su un palchetto improvvisato la pasionaria rabbiosa Daniela Santanchè, l’algido coordinatore del Pdl lombardo Mario Mantovani, il vate Sandro Bondi, e soprattutto la romagnola puro sangue, una delle più amate dagli italiani, l’icona dell’Italia intossicata dalla tv: Iva Zanicchi. Se ne inventa di ogni per creare la suspance. Promette pizza e piadine per tutti, minaccia di mettersi a cantare o di raccontare «una barzelletta del presidente», poi fa la seria: «Il momento è difficile». Tocca a Mantovani ricordare cosa è accaduto una settimana fa: sette anni di condanna a Berlusconi per il processo Ruby. «Una sentenza abnorme che grida vendetta anche al cospetto di Dio».

Colpo di scena. «Il presidente ha il cuore spezzato e colmo di rabbia – annuncia Iva – ma i suoi legali gli hanno consigliato di non uscire a parlare, ma noi lo capiamo e gli vogliamo bene come sempre». Spettacolare. Va in onda la soap opera «Silvio agli arresti domiciliari»: per la prima volta l’uomo a capo di un impero mediatico ridotto al silenzio. E il suo popolo ci crede. Cosa avrebbe potuto mai dire di tanto grave? C’è forse qualcosa che non ha già detto contro i «giudici comunisti»? Un’attesa così avrebbe potuto far pensare all’annuncio storico, al predellino 2.0 davanti al cancello di casa sua. Chi c’era sperava per lo meno di assistere al miracolo della resurrezione di Forza Italia. Le vecchie bandiere erano già state ripescate dagli scatoloni per l’occasione. Invece no. Questa volta il think tank del maestro della comunicazione deve aver ritenuto che, per il momento, fosse più efficace mostrare il volto contrito di un uomo che soffre. Del resto con la maschera da vittima Silvio Berlusconi ha sempre conquistato le folle.
Resto la stupore di assistere ancora una volta al solito show che si ripete da vent’anni, sempre con lo stesso protagonista e sempre con lo stesso pubblico in delirio che per l’ennesima volta non si decide a cambiare canale. Mentre lui riesce a conquistare ancora l’attenzione di tutti i media – suoi e non suoi – che pendono dalle sue labbra anche quando come ieri ha deciso di avvalersi della facoltà di stare zitto.