Auguste-Gabriel Godefroy è nato nel 1728. È il figlio cadetto del gioielliere parigino Charles. Jean Siméon Chardin (1699-1779) lo ritrae decenne, nel 1738, in un quadro (olio su tela, cm 67×76, oggi conservato al Louvre, L’Enfant au Toton, Bambino con una trottola). Auguste-Gabriel è in piedi, al tavolinetto dove svolge i suoi compiti quotidiani.

Ha appena chiuso il quaderno dei suoi devoirs e, sulla copertina nera, ha appoggiato il calamaio, vi ha infilato la bianca penna d’oca ed ha accostato il quaderno al libro sussidiario rilegato in pelle, sul quale ha adagiato un foglio di carta arrotolato. Si è fatto così un po’ di spazio libero sul piano del tavolinetto.

Un lapis rosso, da impiegarsi per eventuali sottolineature, è restato in bilico, sull’orlo del cassetto semiaperto dal quale Auguste-Gabriel ha tratto una piccola trottola color avorio. Le ha dato il giro e ora è intento ad osservare di quel movimento gli equilibri, mentre ne segue con grande attenzione le oscillazioni.

La sua mano destra è appoggiata sul bordo del tavolino, pollice e indice pronti ad imprimere con un gesto tempestivo e rapido nuova energia alla trottola. È la durata di quei giri ed il loro lento, ineluttabile affievolirsi che Auguste-Gabriel sta considerando. E come quel sussistere di mirabili equilibri rovini in una stasi completa, senza la sua attiva vigilanza che consente un alimento dinamico costante. Ha sospeso gli esercizi di scrittura e di lettura ai quali fino a pochi minuti fa si stava applicando con diligenza per dedicarsi ora a quel giocattolo.

Dieci anni: il dovere assolto dello studio, la meritata distrazione del gioco. Questa la lezione che Chardin racchiude nel ritratto del fanciullo Godefroy? Propendo a credere che vi siano accettabili argomenti per ritenere che la lezione affidata a Bambino con una trottola da Chardin si apra ad ulteriori presupposti. E meno ovvi. Mi provo a suggerirne, sia pure sommariamente, qualcuno. Abbiam detto: la trottola rinvia a una idea del tempo inteso come durata.

Ovvero sollecita a una meditazione sul tempo limitato quale, nel nostro caso Auguste-Gabriel vede assegnato alla corsa della sua trottola. Nell’ambito dei significati che agiscono nel dipinto, possiamo dunque abbinare la limitata durata del moto della trottola all’antico tema della vanitas, e da questa angolatura riguardare alla giovane vita di Auguste-Gabriel. È che Chardin, con perfetta ragione (né altrimenti potrebbe essere) coniuga il tema della durata con quello della età: destinata ad estinguersi l’evoluzione mobile della trottola (premonita dalla sua posizione già obliqua) come la vita del piccolo Godefroy.

Un secondo ordine di corrispondenze di senso sembra presente nel dipinto. Depositato nelle relazioni che possono collegare la trottola al quaderno, alla penna e al libro. Come è necessario incrementare con avvedutezza il moto della trottola, altrettanto vanno incrementati il leggere e lo scrivere. Gli studi chiedono d’essere coltivati lungo l’intero arco della vita (la sua durata) e attentamente preservati dalla inerzia che li inaridisce e li spegne e che ce li rende inutili alla comprensione dell’età e del mondo.

A sostegno di questo possibile parallelismo istituito da Chardin, si consideri che la mano che rinnova il vigore alla trottola, la destra, è la medesima che si impiega nell’atto della scrittura, e negli studi costanti sta l’intelligenza del mondo, studi che, anche, conferiscono la capacità d’ogni intervento consapevole e condotto al momento opportuno. Ovvero l’esercizio di intelligenza sul proprio tempo inteso, se non a dominare, a regolare i casi del mondo. quel sussistere di mirabili equilibri rovini in una stasi completa Chardin sembra aver presente un terzo ordine di pensieri nel concepire questo dipinto.

Mi limito ad indicarlo. Ho richiamato i concetti di età e di durata ovvero di tempi limitati. Ma Chardin pone Godefroy a contemplare il movimento della trottola che è esattamente quello della Terra. Per l’attrazione del Sole e della Luna, oscillando, nel ruotare sul proprio asse, determina il ciclo di precessione degli equinozi, completo ogni 25.776 anni. Un invito a meditare i tempi illimitati?