È stato definito come «una metafora perfetta» dell’aggressione contro il governo Maduro l’assedio tuttora in corso all’ambasciata venezuelana a Washington, difesa da un gruppo di attivisti statunitensi – con l’autorizzazione del governo bolivariano – contro il tentativo del rappresentante di Juan Guaidó Carlos Vecchio di prenderne illegalmente possesso dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra Usa e Venezuela.

UNO SCONTRO che sta trasformando la sede diplomatica venezuelana nel cuore della protesta del movimento anti-guerra negli Usa, come rivela il crescente sostegno all’Embassy Protection Collective, il gruppo che resiste da più di un mese nei locali dell’ambasciata, malgrado il taglio di elettricità e acqua, le minacce di morte e le aggressioni ai militanti impegnati all’esterno a rifornire gli attivisti di generi alimentari. «Ci negano il cibo proprio come fanno in Venezuela con le sanzioni», hanno commentato i membri del gruppo.

L’ultima violazione del diritto internazionale da parte del governo Usa è andata in scena lunedì, quando la polizia metropolitana di Washington ha fatto illegalmente irruzione nella sede diplomatica, minacciando di sfrattare gli attivisti. A confermarlo è stato su Twitter proprio Carlos Vecchio, riconosciuto dagli Usa come ambasciatore del Venezuela, il quale ha reso noto come le forze dell’ordine avessero recapitato «agli invasori illegali della nostra ambasciata a Washington» un ordine di sfratto immediato, minacciando, in caso di mancato rispetto della notifica, l’arresto e l’imputazione degli attivisti. «Cesserà l’invasione e presto l’usurpazione» ha annunciato Vecchio, il quale aveva già chiesto e ottenuto il taglio dell’elettricità, tanto per far vivere agli attivisti «un po’ dell’esperienza di vivere sotto il disastroso socialismo di Maduro».

I QUATTRO MILITANTI RIMASTI all’interno dell’ambasciata non hanno tuttavia alcuna intenzione di andarsene, almeno finché Stati uniti e Venezuela non risolveranno pacificamente la disputa nel rispetto della Convenzione di Vienna o finché la custodia della sede diplomatica non sarà trasferita a uno Stato neutrale come la Svizzera.

Di certo, nessuna autorizzazione per entrare nell’edificio è stata data dal governo bolivariano, come ha precisato il viceministro per gli Affari esteri del Nordamerica Carlos Ron, il quale ha accusato la polizia di aver permesso che alcuni manifestanti sfondassero gli infissi e forzassero le serrature, malgrado la Convenzione di Vienna obblighi «a salvaguardare la sede diplomatica anche quando i rapporti diplomatici sono stati interrotti».

QUANTO AGLI ATTIVISTI impegnati a proteggere l’ambasciata, essi, ha detto, «rappresentano il Venezuela ben più del “finto” ambasciatore che implora il Comando Sud di invadere il paese». Dove il riferimento è alla lettera inviata da Vecchio al capo del Comando sud Craig Faller per sollecitare una riunione – fissata, pare, per il 20 maggio – «al fine di avanzare nella pianificazione strategica e operativa» di un intervento in Venezuela.