Il popolo della pace in Italia c’è e continua a farsi sentire. La pioggia del sabato di marzo romano accoglie il lungo serpentone – 30 mila persone per gli organizzatori – che scenda da piazza della Repubblica verso i Fori Imperiali. La rete Assisi Pace giusta – che raccoglie la Cgil, Anpi, Arci, Emergency e tante associazioni cattoliche – ha lanciato la manifestazione in soli dieci giorni ma la risposta è stata «superiore alle attese».

La richiesta unanime è «cessate il fuoco immediato a Gaza» e le tante bandiere della Palestina in corteo testimoniano un legame speciale con il nostro paese: la parola «genocidio» è ben presente in tanti cartelli. «Siamo ebrei e palestinesi, siamo russi e ucraini, l’umanità non ha confini», si legge su uno degli striscioni.

«Siamo qui perché bisogna applicare le direttive dell’Onu, a partire dalla soluzione dei “Due popoli, due stati – spiega il segretario della Cgil Maurizio Landini – . Siamo in piazza per difendere il diritto del popolo palestinese e il diritto del popolo israeliano di esistere. E questo può avvenire solo con la pace. Quello che sta facendo il Governo Netanyahu non va in questa direzione – ha continuato Landini- è anche contro il proprio popolo. Bisogna che il governo italiano la Commissione europea intervengano con maggior forza per chiedere di cessare il fuoco e aprire una vera e propria conferenza di pace. Bisogna fermare tutte le guerre, quella in Ucraina, quella in Siria, quelle in atto in Africa. Non siamo disponibili ad accettare il fatto che la guerra sia tornata ad essere uno strumento di regolazione dei rapporti tra gli stati». E ancora: «Si sta aumentando la spesa militare e la compravendita di armi. Credo che questo sia molto pericoloso. Per questo è importante mobilitarsi. Ma siamo qui anche per difendere il diritto a manifestare, è il modo migliore per rispondere alla logica pericolosa del governo Meloni, che anziché misurarsi con le richieste democratiche pensa di usare la forza. Non è questa la strada- ha continuato Landini – e lo dico nel rispetto dei lavoratori della polizia perché il problema non sono loro ma gli ordini e la logica sbagliata che sta usando il governo».

Arrivato ai Fori Imperiali, il corteo si incanala nella strettoia delle transenne e si allunga. La scelta è di dare spazio dal palco alle testimonianze dirette da Gaza e agli artisti. «Abbiamo deciso di evitare i comizi – spiega Flavio Lotti del Tavolo della Pace – vogliamo dare l’idea che è l’intera società a dover reagire». «L’unico vero obiettivo è il cessate il fuco, è quello che ci hanno chiesto tutti», chiarisce il presidente Arci Walter Massa, reduce dal viaggio in Egitto. E allora, dopo gli studenti che ricordano i manganelli di Pisa, tocca a Fiorella Mannoia scaldare la piazza, a cuore aperto: «Chi parla di pace viene deriso o peggio finisce nelle liste di proscrizione, non avrei mai pensato di vivere in un mondo del genere». E chiude il suo breve – come tutti – intervento con una citazione di Fabrizio De Andrè: «Che la pietà non vi rimanga in tasca».

Yousef Hamdouna della ong Educaid a Rafah ora ha «tutta la famiglia, 57 persone che vivono senza cibo, acqua, medicine, come tutti. La cosa che fa arrabbiare è che è passata l’idea che a Gaza c’è un problema di fame, ma fermare le bombe magari è più importante. Il silenzio bombarda qualsiasi persona, a Gaza siamo abbandonati».

Alfio Nicotra a nome della delegazione di politici e attivisti appena tornata denuncia «il tentativo di depalestinizzazione della striscia di Gaza da parte del governo israeliano», mentre Elio Germano paragona efficacemente le spese militari – «29 miliardi nel 2024 solo in Italia» – a quanto «bene si potrebbe fare con quei soldi: con il costo di un sottomarino si assumerebbero 8mila infermieri per 5 anni» e conclude chiedendo alla folla di «non smettere di lottare».

Il video finale di Alessandro Bergonzoni è un profluvio di parole che restano stampate nella memoria: «Va bene, discutiamo dell’etimologia di genocidio, ma prima c’è stato un genocidio, il massacro del nostro cervello che non passa dal male al bene: anche la morte chiede tregua, non ce la fa più».