Nel quartier generale di Syriza, in piazza Eleftheria nel centrale quartiere di Psiri ad Atene, si dicono convinti che oggi sarà un giorno decisivo per la Grecia. Si capirà infatti, dalle mosse di Mario Draghi, se vincerà la linea della «paura», che vuole spaventare gli elettori a tre giorni dal voto, o se invece, più intelligentemente, la Bce spegnerà l’incendio sul nascere dando il via libera all’acquisto di bond greci. «E’ una giornata critica. La Germania premerà su Draghi per convincerlo a escludere la Grecia, e lo faranno per spaventare la gente e lanciare il messaggio che Atene, senza la troika, non ce la farà», mi dice Pavlos Klaudianos, che incontro nella redazione del settimanale Epohi, del quale è la firma più nota. Andreas Nefeludis, economista di Syriza, ritiene che sia stato il governo Samaras a cercare di far escludere i titoli greci dall’acquisto (anche se il premier greco ieri ha sostenuto di aver chiamato Draghi per invitarlo a non far crollare il sistema bancario): «è una mossa pre-elettorale per spaventarci». «Ma ho informazioni che le cose non andranno così», afferma. Al contrario, l’Ig markets, broker mondiale dei contratti per differenza, ha fatto sapere ieri che Portogallo, Cipro e Grecia, appunto, verrebbero tenuti fuori dal quantitative easing, anche se la Bce «potrebbe decidere di lasciare in capo alla Banca centrale greca la possibilità di effettuare acquisti di titoli nazionali».
Quando Alexis Tsipras farà il suo bagno di folla, questa sera, nella centralissima piazza Omonia (a rivaleggiare con lui ci sarà la segretaria degli eterni rivali del Kke Aleksandra Papariga, che ha prenotato per la stessa ora l’altra grande piazza cittadina, Syntagma, davanti al Parlamento), le notizie da Francoforte saranno già arrivate e vedremo come risponderà. Intanto, con un editoriale comparso addirittura sul Financial Times, il leader di Syriza, ben consapevole delle difficoltà di gestire la fase immediatamente successiva al voto quando potranno verificarsi turbolenze finanziarie, ha mirato a tranquillizzare l’Europa e la comunità finanziaria: «Manterremo gli impegni», ha scritto, spiegando però che il suo governo introdurrà un «nuovo contratto sociale» che sancirà la fine dell’austerità e porterà «stabilità politica e sicurezza economica». Tsipras, che si è trovato a incassare gli endorsement scomodi di Marine Le Pen e, a ruota, dei nostri Matteo Salvini e Giorgia Meloni (che Syriza ha poi respinto), ha spiegato che il suo programma «rimetterà in piedi la classe media» e che questo è «il solo modo per rafforzare l’eurozona e rendere il progetto europeo attraente» per i cittadini.
Ma sulla Grecia in questi giorni sono puntati gli occhi di tutto il mondo. Frotte di giornalisti stanno arrivando nella capitale in vista del voto di domenica (è previsto per oggi, in tempo per il comizio di Tsipras, l’arrivo anche dell’italiana brigata Kalimera, un paio di centinaia di sostenitori italiani di Syriza). Sempre ieri ad Atene, in un convegno organizzato da The Economist, il responsabile economico di Syriza, Yannis Dragassakis, ha spiegato che se andranno al governo non riconosceranno i Memorandum firmati dai precedenti governi con i creditori internazionali. «Saranno considerati come lettere d’intenti che non impegnano il Paese», ha spiegato. Inoltre, Syriza si smarcherà dalla tutela della troika e presenterà un programma non destinato interamente al pagamento dei debiti.
Chiusi in un grande albergo del centro di Atene, a qualche centinaio di metri da piazza Eleftheria, si è radunata anche l’estrema destra di Alba Dorata: qualche centinaio di teste rasate, vecchi nostalgici del regime e signore dell’alta borghesia ingioiellate si sono esibiti in slogan e canti nazionalisti, in un tripudio di bandiere greche e tutto sommato sobri nell’esibizione di simboli inneggianti al nazismo. Uno show ad uso e consumo della stampa internazionale, accorsa in massa alla ricerca dell’uomo nero.