Economia

Arriva la contro-manovra della minoranza dem

Arriva la contro-manovra della minoranza demLa conferenza stampa della minoranza dem sui 10 emendamenti alla legge di Stabilità

Legge di stabilità I ricchi paghino la Tasi per finanziare la sanità, la soglia dei contanti resti a 1000 euro. La nuova Sinistra interessata a una "battaglia convergente". Intanto le Regioni sospendono il giudizio sulla finanziaria. E la Ue è pronta a concedere la "flessibilità migranti", ma la Bce frena

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 6 novembre 2015

Mentre non si sono ancora spente le tensioni con le Regioni sulla legge di Stabilità – soprattutto con i tre governatori del centrodestra, dopo la tregua siglata invece con Sergio Chiamparino – il governo deve vedersela ora con i 10 emendamenti della minoranza Pd. Che piacciono anche alla nuova Sinistra, quella di Sel, Cofferati, D’Attorre, Fassina etc che avrà il suo battesimo domani, e che con i “dissidenti” dem vede la possibilità di «battaglie convergenti».

La minoranza dem cerca di rendere la legge più equa e indirizzata a favorire i ceti più deboli, agendo sui nodi della tassa sulla casa, della sanità, del contante e dell’evasione fiscale: «Un miliardo e mezzo dalla Tasi: cancellandola solo sugli immobili di valore medio-basso, mentre case di lusso, ville e castelli la pagheranno. Questo miliardo e mezzo si potrà spendere per la sanità, la difesa del suolo o per incrementare le misure per la lotta alla povertà».

Disco rosso anche per l’innalzamento della soglia dei contanti a 3 mila euro: «Occorre stralciare la norma dalla legge di Stabilità e conservare il limite dei 1000 euro per non favorire l’illegalità e l’evasione – dice Gianni Cuperlo – Un altro cardine della “manovra alternativa” è la lotta all’evasione fiscale, recuperando i 120 miliardi che ogni anno eludono le maglie dei controlli».

Secondo la sinistra Pd la trasmissione telematica dei dati delle entrate e di interesse fiscale, permetterebbe di recuperare una parte dei 40 miliardi di omessi versamenti Iva.
«È la legge di Stabilità del Pd o del Partito della Nazione?», ha domandato l’ex capogruppo Roberto Speranza. Mentre per Cuperlo «per uscire dalla crisi economica, la via da percorrere è fare una politica monetaria espansiva, combinata con forti investimenti pubblici. Non abbiamo lavorato stravolgendo l’impianto della manovra, e per questo ci attendiamo un confronto che va fatto coinvolgendo tutto il partito».

Bisognerà capire se la minoranza dem potrà spuntarla su almeno qualcuno di questi punti (ma pare arduo perché sono piuttosto qualificanti della precisa linea politica scelta dal premier Renzi), e un sostegno potrebbe venire solo dal sindacato, unico soggetto al di fuori dell’opposizione rimasto critico rispetto al governo.

Intanto la Conferenza delle Regioni, riunita ieri mattina dopo l’incontro con il premier, ha deciso all’unanimità di sospendere il parere sulla legge di Stabilità. «Una questione di serietà e coerenza», spiegano il presidente Sergio Chiamparino e il vicepresidente Giovanni Toti, mentre il governatore della Puglia, Michele Emiliano, si affretta a dire che «se non arriverà il decreto “Salva Regioni”, siamo pronti a restituire le “chiavi” delle Regioni stesse».

E se Renzi insiste sul fatto che «non ci sono tagli, ma vanno spese meglio le risorse», le Regioni rispondono con un documento con cui propongono emendamenti alla manovra: «Il disegno di legge di stabilità 2016 – scrivono – prevede tagli continuativi e strutturali sulla spesa corrente delle regioni che cumulati agli effetti delle manovre finanziarie degli anni precedenti registrano un impatto sull’esercizio 2016 di circa 10 miliardi». Se si guarda al periodo 2016-19 i tagli cumulati salirebbero a 72 miliardi.

Cifre da capogiro, ma una boccata di ossigeno potrebbe arrivare dalla Commissione Ue, che ieri – insieme alle previsioni riviste al rialzo sulla crescita italiana – ha anticipato l’intenzione di concedere la cosiddetta «flessibilità migranti».

Il giudizio definitivo sulla manovra arriverà il 16 novembre, ma intanto la Commissione scrive nelle sue previsioni che «il peso delle spese aggiuntive straordinarie legate al fenomeno dei migranti per i Paesi più interessati può essere stimato “al massimò nello 0,2% del Pil”». Lo 0,2% del Pil, proprio la cifra a cui punta l’Italia (corrispondente per noi a 3, 3 miliardi di euro).

Per i Paesi di transito, questo 0,2% – scrive ancora la Ue – è il «peso» che sarà registrato sul bilancio 2015 e che è destinato a restare sostanzialmente invariato anche nel 2016.
Ma su questo fronte la Bce frena: per Francoforte la flessibilità sul deficit «deve essere utilizzata con cautela per preservare la sostenibilità di bilancio» e «rischia di essere controproducente» rendendo il pareggio di bilancio «obiettivo che si sposta nel tempo».

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