È ancora l’accusa di antisemitismo a guastare i sogni di Jeremy Corbyn in vista delle elezioni del 12 dicembre. Questa volta arriva dal gran rabbino del Regno Unito Ephraim Mirvis, il leader spirituale delle 62 sinagoghe ortodosse del Paese, che dalle colonne ostili del Times di Rupert Murdoch imputa a Corbyn d’aver consentito «al veleno» antisemita di «mettere radici» nel Labour Party. Se Corbyn dovesse diventare premier, ha scritto Mirvis, ci sarebbe da temere per «la bussola morale del nostro Paese». Parole che, secondo l’influente arcivescovo anglicano di Canterbury, Justin Welby, hanno espresso «il profondo senso d’insicurezza e paura avvertito oggi da molti ebrei britannici». L’accusa di Mirvis arriva a pochi giorni dalla lettera pubblica di John Le Carré e altri intellettuali inglesi pubblicata sul Guardian in cui si denunciava l’ostilità antiebraica nel partito e che si concludeva con «We refuse to vote Labour on 12 December».

L’intervento senza precedenti del rabbino precipita su Corbyn nella giornata della chiusura dei termini per l’iscrizione nelle liste elettorali del Paese e della presentazione di un manifesto laburista sulla difesa della libertà di fede e la lotta al razzismo durante la quale Corbyn ha evitato qualunque polemica diretta limitandosi a definire l’antisemitismo un fenomeno «vile che non può avere spazio» all’interno del suo movimento.

A sostenere Corbyn lord Alf Dubs, 87enne, ex ministro laburista sotto Blair, sfuggito bambino dai nazisti, una delle voci più rispettate della memoria ebraica in Gran Bretagna, il quale ha denunciato l’attacco in pieno clima elettorale di Mirvis come «scorretto, ingiustificato» e «politicamente strumentale», e ha riconosciuto che la reazione alle denunce di rigurgiti di antisemitismo nel Labour avrebbe dovuto essere «più rapida», ma ha aggiunto che ora la leadership «si sta muovendo nella direzione giusta».