La malinconia mediterranea di cui ha scritto anche Aristotele, in Miserere di Babis Makridis (da ieri nelle sale), prende forma ai giorni nostri, anche se il titolo in originale (Oiktos, compassione) non è così funesto, ma in ogni caso è sentimento anomalo per il cinema. In realtà ci troviamo nella sfera dell’umorismo nero, spalleggiato dalla coproduzione con la Polonia, maestra in questo ambito. La feroce crisi economica in Grecia alimenta questa tendenza, artefice lo sceneggiatore Eftimios Filippou responsabile di gran parte della nuova onda greca, sceneggiatore dei film di Yorgos Lanthimos (il premio Oscar The Lobster, Alps, Il sacrificio del cervo sacro). Con Babis Makridis ha scritto la sceneggiatura del suo esordio L (anche quello storia di un uomo in crisi) e di Miserere, sceneggiatura di rara geometria. Con Lanthimos si arriva a soglie metafisiche raggelate, qui si tende a svelare un certo divertente meccanismo del paradosso.

AVVOLTO in una atmosfera di benessere, l’Avvocato da quando la moglie è caduta in coma in seguito a un incidente, si è costruito una ulteriore protezione, rappresentata dalla compassione di amici, negozianti e vicini, che gli offrono quel senso di conforto costante che verrebbe a mancare se la moglie guarisse. Nessuno più lo abbraccerebbe, lo starebbe ad ascoltare, preparerebbe per lui la torta della prima colazione, gli spalmerebbe l’antisolare sulle spalle. Non potrebbe neanche più condividere con i clienti gli stessi dolori. Ma la moglie esce infine dal coma.

L’UMORISMO è costruito con la perfetta geometria degli eventi e delle inquadrature, scansioni millimetriche che infine portano a conseguenze inevitabili. Sempre con la stessa espressione di maschera sofferente ma controllata, autentica presenza da cinema muto, come un Buster Keaton ellenico, l’Avvocato immerso nella più comoda agiatezza nella sua casa sul mare, tra nuotate, docce sulla spiaggia, partite a racchettoni e bridge, è contemporaneamente immerso nel dolore di cui non può fare a meno. Anche a costo di procurarsene delle altre quando quelle vecchie sono finite. Si esibisce nella tristezza e nel pianto, l’esatto contrario dei canoni del cinema maistream, che sono l’azione e il sorriso: a interpretarlo è Yannis Drakopoulos, famoso attore di cinema, di serie televisive e teatro. Il film ha vinto il premio Fipresci al Torino Film Festival ed ha partecipato a numerosi festival internazionali tra cui il Sundance.