Negli Stati Uniti il compenso annuale medio per un amministratore di corporation nel 2021 è stato di 18,3 milioni di dollari. Rappresenta un incremento del 18% rispetto all’anno precedente e il doppio del tasso di inflazione (9,1% a giugno). I dati pubblicati dalla confederazione sindacale Afl-Cio raccontano una storia economica sbilanciata, di cui l’altra faccia è rappresentata dai salari, aumentati di nello stesso periodo di appena il 4,7%, circa metà cioè dell’inflazione.

È SEMPRE PIÙ divaricata quindi la forbice fra profitti e compensi dei lavoratori. Alla Coca Cola l’amministratore delegato è stato pagato 24.883.878 milioni di dollari a fronte di uno stipendio di un lavoratore medio di 13.894 dollari, un rapporto di 1791:1. Per la McDonald’s il rapporto è di 2251:1 mentre il divario più clamoroso rimane quello di Amazon dove l’amministratore delegato incassa 6474 volte la paga di un operaio medio ($212.701.169 pagati al ceo Andrew Jassy.)

Mentre salariati, pensionati e lavoratori a reddito fisso saranno destinati a sopportare il peso della crisi in tutte le economie, il modello iperliberista americano promette di ingigantire la disuguaglianza sociale che ne è stata caratteristica anche durante le mega espansioni dei decenni 90 e 2010. Semmai le corporation hanno saputo trarre profitto da pandemia, crisi degli approvvigionamenti e guerra, ottimizzando posizioni spesso monopolistiche come quelle di energia, alimentari e digitale.

NEL PRIMO ANNO di pandemia i miliardari americani hanno incrementato la propria ricchezza complessiva di 2100 miliardi di dollari. E anche durante il tracollo dell’occupazione dovuto ai lockdown, le borse (dove metà degli investimenti appartengono all’1% più ricco della popolazione) hanno fatto festa. Con la disoccupazione triplicata e la crescita scesa del 20%, nel 2021 il Nasdaq segnava un record storico dell’indice, mentre la Apple diventava la prima azienda con una capitalizzazione di 2000 miliardi di dollari. L’astrazione della finanza rispetto all’economia reale, alle persone, non è mai stata così in evidenza. Mentre si volatilizzavano 30 milioni di impieghi e da febbraio a maggio 2020 il reddito salariale perdeva complessivamente 800 miliardi di dollari, Mark Zuckerberg incrementava la propria ricchezza del 59% e Jeff Bezos del 39%.

E LA PARABOLA sembra destinata a continuare nella stagnazione, o recessione, pronosticate. Elon Musk detiene oggi un patrimonio di 200 miliardi di dollari mentre il salario minimo federale ($7,25 l’ora) non aumenta dal 2009. Un operaio della Tesla impiegherebbe 4 milioni di anni per risparmiare la stessa cifra, dati che hanno indotto l’ex ministro del lavoro di Clinton, Robert Reich, a parlare di una «nuova aristocrazia americana» e una «ricchezza dinastica» non vista dai tempi della gilded age e dai fasti dei magnati industriali di fine Ottocento.

COMMENTANDO la situazione Bernie Sanders sottolinea che un lavoratore avrebbe bisogno di guadagnare almeno il triplo del minimo salariale per permettersi l’affitto medio di un appartamento ($1362/mese), situazione che definisce «oscena». Sanders e altri progressisti denunciano anche il ruolo della speculazione che contribuisce all’aumento dei prezzi. «Amazon ha attribuito all’inflazione l’aumento del 17% dell’abbonamento Prime», ha affermato Sanders sul suo canale Twitter, «mentre gli utili aziendali sono aumentati del 450% fino a 38 miliardi dall’inizio della pandemia».

Intanto, come ha detto il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, per calmierare l’inflazione i salari saranno tenuti bassi nell’ottica di rallentare la domanda di impiego e raffreddare l’economia, mettendo in questo modo l’onere della ripresa su chi in realtà il potere d’acquisto lo ha già visto diminuire, anche negli anni grassi.

L’1% INTANTO, che detiene il un terzo del benessere complessivo – la stessa proporzione del 90% inferiore – oltre alla ricchezza accumulata a mezzo della finanza, beneficia di aliquote fiscali favorevoli (o inesistenti (Bezos non ha pagato tasse nel 2007 e nel 2011; Trump idem grazie all’uso strategico delle norme sul fallimento), nonché di sussidi come i bailout e i contratti federali. Un regime di «socialismo per le corporation» e capitalismo «meritocratico» per tutti gli altri, destinato a perpetuare quella che Alexandira Ocasio Cortez ha definito « disuguaglianza esplosiva».

MA MENTRE il capitale esercita un influenza fortissima sulla politica mediante il sistema delle lobby e del finanziamento privato dei partiti, l’ingiustizia rischia di alimentare narrative populiste strumentalizzate dallo stesso partito che gli interessi del capitale maggiormente li tutela. Come segnala ancora Reich, in quest’era di turismo spaziale per i plutocrati, e a fronte di una popolazione senza casa di oltre mezzo milione di persone, la narrazione rischia di venire cooptata da battaglie populiste alimentate proprio da chi storicamente ha più a cuore gli interessi del capitale ma che ora ha imparato a farsi scudo delle «guerre culturali» su sovranismo, identità e religione, mentre continua a perseguire gli obbiettivi di sempre: sgravi fiscali e deregulation per i grandi interessi economici.