Il 12 luglio 1520 Albrecht Dürer parte da Norimberga alla volta di Anversa, che raggiungerà per la via di Francoforte e di Magonza il 3 agosto, ventidue giorni dopo. Ha quarantanove anni ed è all’apice della fama.

Lo accompagna la moglie Agnès Frey, sposata nel luglio del 1494, quando Dürer aveva ventitré anni e si apprestava al lungo soggiorno veneziano che si sarebbe protratto fino alla primavera del 1495. Con loro è Suzanne, la giovane cameriera. Dürer resterà nei Paesi Bassi più di un anno e rientrerà a Norimberga nell’agosto del 1521. Dei soggiorni e degli spostamenti suoi nell’arco di quei mesi, Dürer tiene un puntuale diario che riveste uno straordinario interesse, come agevolmente si intende. Ed oltre alle pagine scritte ci restano di quei giorni numerosi disegni che fissano luoghi e persone di quel mondo, di quel brano di Europa così ricco di cultura, vivace, come si sa, di traffici e di imprese.

Risalgono a quei mesi del 1521 due ritratti di Agnès. Si tratta di due disegni. Uno, su una carta di apprezzabile formato (quaranta centimetri per ventisette) a tratti neri, biacca e lievissimi rialzi a pennello e da Dürer accuratamente portato a piena finitezza, ci mostra Agnès con la testa coperta da un velo acconciato secondo la foggia olandese e che veste abiti neerlandesi: un corsetto e una sciallatura dalle ampie maniche. Una scritta, che non è di mano di Albrecht, informa come a quella data i due fossero uniti in matrimonio da ventisette anni.

La fronte alta, paffute le guance, serrate le labbra, un accenno di sottomento, e tondo, come si dice, il taglio degli occhi che si indovinano chiari. Guardano verso destra, in un punto che forse Albrecht le ha indicato, e lei sembra abituata alla regola dello stare in posa, dopo tanta quotidiana consuetudine con un marito così operoso. E nel disegnarla Dürer rivela una perfetta cognizione di quel volto, una ‘padronanza’ dei tratti di Agnès sui quali il tempo trascorso ha lasciato un suo segno, come fatalmente avviene, mentre avverti che Albrecht, nel delinearla ora, ritiene forse nella mente anche un’immagine che potremmo dire subliminare della sua donna, stabilitasi in lui e rimasta, come rimane un sentimento, fin da quando erano giovani entrambi.

Un ordine di pensieri, questo, che, per così dire, parrebbe autorizzato dalla osservazione del secondo ritratto di Agnès, del luglio del 1521, eseguito dunque nel corso delle medesime settimane del viaggio di ritorno a Norimberga, e oggi conservato a Vienna presso la Graphische Sammlung Albertina.

È un disegno alla punta d’argento su un foglio di piccolo formato (misura meno di tredici centimetri per meno di venti) utilizzato ad accogliere due immagini accostate che non si considerano correlate. In una metà del foglio, sulla sinistra, sta l’effigie di una giovane donna che indossa un copricapo tipico della città di Colonia e, sulla sinistra, sta il ritratto di Agnès al quale si accompagna una scritta autografa di Dürer «awff dem rin mein weib pey popart»: «mia moglie sul Reno vicino a Boppard». Ebbene, il volto di Agnès è delineato qui con svelta impronta e felice vivezza, tale da mettere in evidenza un che di gonfio e una prominenza degli occhi e, insomma, capace di dare con immediatezza un’impressione diretta di lei. E della sua età.

Ora, se volgiamo lo sguardo alla giovinetta, e attentamente procediamo a un confronto, non manchiamo di constatare, con crescente sorpresa, una somiglianza stretta che l’effigie della ragazza di Colonia mantiene con i tratti del viso di Agnès: la fronte altrettanto spaziosa; gli occhi; il naso appena delicatamente schiacciato, similmente distante dalla bocca e nel medesimo rapporto con le labbra. Ti chiedi se la sensazione d’una somiglianza, imponderabile come sovente accade, non perentoria e tuttavia persistente, e che ti risulta, una volta insinuatasi, poco disposta a svaporare senza lasciare un residuo, non sia, relativamente ai due volti femminili rispettivamente delineati qui da Dürer, un indizio, se non sicuro almeno attendibile, di come egli guardasse amorevolmente ad Agnès, alla giovane Agnès, dopo i tanti anni, e ancora.